Europeizzazione dell’hebreo

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I falsetti del musicista Salamone Rossi

Pareri Rudi-mentali

Il compositore e musicista Salamone Rossi, nato nel 1570 da una ricca famiglia giudea mantovana, portava, come quasi tutti i suoi correligionari, il soprannome di “hebreo”.
Nella Mantova di quel tempo il clima verso gli “hebrei” non era ostile. Anzi: portare questo soprannome voleva dire, anzitutto, non dover sottostare ad alcune imposizioni morali a cui erano vincolati i cristiani, come per esempio la pratica del prestito a usura. Dovranno passare ancora alcuni decenni prima che, anche a Mantova, venga istituito il Ghetto e la conseguente segregazione culturale giudaica.
In ogni caso, il nostro “hebreo” Salamone Rossi poco ebbe a che fare con simili problemi. Egli, al contrario, viene ricordato per aver impresso nuova vita alla cultura ebraica dei suoi tempi, attraverso le sue innate abilità musicali e la frequentazione della scuola di Claudio Monteverdi che, a Mantova, era già ben avviata e fiorente.
Il Rossi non tarderà molto a farsi notare. Le sue innovazioni stilistiche nel campo musicale penetreranno nell’intimo della comunità ebraica, arrivando a contaminarne addirittura le funzioni religiose.
Ma, al contempo, la sua fama travalica la comunità giudea. Viene, infatti, ben presto introdotto a corte, divenendo in fretta uno dei musici preferiti di Vincenzo I Gonzaga. Compone musiche da ballo e suona il violino nella Cappella Ducale, dove ottiene successi tanto grandi da meritargli l’esenzione dal portare sui suoi vestiti i distintivi imposti agli ebrei, come per esempio le rotelle di stoffa gialla cucite sui mantelli.
Nel repertorio di Salamone Rossi oggi conosciuto si trovano intermezzi, madrigali, canzonette e numerose composizioni strumentali, in cui il Rossi eccelse. Ma la sua creazione più interessante è certamente quella che va sotto il nome di “Cantici di Salamone”. Un titolo volutamente equivoco, che gioca tra il nome del Rossi e il Salomone biblico, compositore del “Cantico dei Cantici” (Ct 1,1).
Nei “Cantici di Salamone” il musicista mantovano attua il più ardito progetto di europeizzazione dei costumi ebraici mai visto fino ad allora, arrivando a toccare una parte essenziale della cultura giudaica, che era rimasta del tutto impermeabile alle rivoluzioni rinascimentali: la liturgia. I “Cantici di Salamone” altro non sono che i salmi biblici propri del rito cultuale ebraico, riscritti secondo lo stile contrappuntistico di moda in quell’epoca e destinati espressamente all’uso in sinagoga. Componimenti che emulano in tutto e per tutto le grandiose Messe polifoniche coeve.
Questi brani dovevano venir cantati dai rabbini durante i riti sacri. Prima di Salamone Rossi pareva cosa impossibile immaginarsi un rabbino sfalsettare nel bel mezzo di una cerimonia. Ma lui riuscì a ottenere anche questo. Musicando quelle antichissime preghiere, in lingua ebraica e aramaica, con stile musicale nuovo, Rossi arrivò davvero al nocciolo del giudaismo, dove nessuno mai si era spinto.
Salamone Rossi, tuttavia, resta un esempio isolato di integrazione, che durò ben poco. La sua fortuna di musicista e compositore decadde con lo sbandare della dinastia Gonzaga. E la sua fine arriverà, nel 1630, insieme ai terribili lanzichenecchi. Mentre quei soldati mercenari invadevano Mantova per conto dell’imperatore, mentre un’improvvisa epidemia di peste decimava la popolazione cittadina, Salamone da qualche parte si spegneva. Non è dato sapere se per mano di uno sprovveduto soldato o a causa di quel terribile morbo.
[rudy favaro]

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