I luoghi delle collezionismo nel XVI secolo
Pareri Rudi-mentali
Il celeberrimo “Studiolo” mantovano di Isabella d’Este, chiamato anche “Camerino”, era il luogo in cui ella conservava le sue straordinarie raccolte d’arte, fatte di dipinti, vasi, gemme, sculture, monete antiche e molti altri rari oggetti. Inizialmente era situato al piano nobile del castello di San Giorgio, sul lato con vista lago; più tardi venne trasferito negli appartamenti denominati di Corte Vecchia.
Pare che Isabella sia stata l’unica donna del Rinascimento a possedere uno vero studiolo, un ambiente privato dove poter ritirarsi per dedicarsi ai propri interessi culturali. Ma, di certo, quello di Isabella non era l’unico studiolo presente a Mantova nel XVI secolo.
Stando alle ricerche storiche (sopra a tutte quelle di G. Rebecchini) in quell’epoca in città esistevano almeno altri tre importanti studioli. A confermare che, possederne uno, era un’esplicita espressione degli interessi e delle ambizioni del rispettivo proprietario.
Il primo studiolo è quello che stava in casa di un tale Girolamo Scopulo, che fu “maestro delle entrate” e “auditore” (una sorta di consulente legale) alla corte dei Gonzaga ai tempi di Isabella, quindi una persona che aveva fitti legami coi marchesi. Di questo camerino ci rimane oggi un inventario (del 1537), nel quale vengono elencati tutti gli oggetti che vi erano contenuti, tra i quali figurano cassoni intarsiati e dipinti, molti quadri con soggetti sia sacri sia profani, sculture, candelabri, orologi, molti libri, argenterie, oggetti in avorio, altri in cuoio, pietre preziose e pietre dure, vari strumenti musicali e altre cose preziose o curiose, come un “cocodrillo over lusertolo grando”. Ma, su tutto, quello che doveva impressionare doveva essere la grande collezione di vetri soffiati e decorati, con oltre cento pezzi censiti in inventario, soprattutto provenienti da Venezia, che potrebbero aver rappresentato la più importante collezione mantovana di questo genere, oltre che un segno di elegante raffinatezza di questo collezionista.
Il secondo studiolo di cui abbiamo notizia è quello di Giacomo Arrivabene, un “excellentissimus medicinae doctor”, oltre che farmacista, anche lui a servizio presso la corte dei Gonzaga. Nell’inventario (del 1542) saltano all’occhio soprattutto gli 843 volumi della biblioteca, un numero gigantesco per quegli anni. E non mancano ovviamente i quadri, gli arazzi e le sculture. Inoltre, tra i molti oggetti registrati, come i gioielli, i coralli, le pietre preziose, le perle, le armature e gli archibugi, si trova la prova tangibile dei lunghi rapporti tra la famiglia Arrivabene con i signori di Mantova. Tra le curiosità, invece, spicca “uno pezzo de alicorno”, cioè dell’unicorno.
L’ultimo esempio riguarda lo studiolo di un altro medico, Girolamo Gabbioneta, il cui contenuto è stato inventariato dopo la sua morte (nel 1559). Anche costui, oltre ai consueti oggetti d’arte figurativa e alle preziose suppellettili, possedeva una biblioteca sterminata. E, insieme ai libri, il notaio che redige l’inventario registra anche otto paia di occhiali (di cui “trei rotti”). Anche il Gabbioneta collezionava delle curiosità, tra le quali spicca un complesso mobile multifunzione, il quale si trasformava, a seconda delle esigenze, in tavolo per mangiare o in letto per dormire, con tanto di materasso e di un congegno per scaldare i piedi d’inverno.
[rudy favaro]