San Giovanni Bono da Mantova, precursore di San Francesco
Pareri Rudi-mentali (del 30/5/09)
San Zanebono, cioè San Giovanni Bono: Giovanni di nome e Bono di cognome.
La storia di Zanebono, nato a Mantova verso il 1168, è l’affascinante avventura di un uomo che tra spettacoli di piazza, feste di corte e pause di silenzio contemplativo va ricercando lo scopo, il compito della propria vita.
Per molti anni Zanebono svolse il mestiere di giullare, in giro per le piazze e le corti padane. Fa seguito poi, dopo una malattia, il suo farsi monaco eremita e fondatore di un ordine che ha prefigurato il francescanesimo.
Giovanni e i suoi seguaci decidono di vestire un abito nero, di cingersi con una cintura di cuoio, di non calzare scarpe e portare in mano un bastone lungo cinque piedi. Questi suoi discepoli eremiti, chiamati negli antichi testi Giamboniti o Zamboniti, iniziarono ben presto a diffondersi in gran parte del nord Italia e a incontrare il consenso e l’ascolto della gente.
Del resto il Giovanni deve aver proposto loro di andare in mezzo alla gente come giullari di dio e rendere popolare, alla portata di tutti e persino risibile, ciò che risibile non è o non dovrebbe essere.
Zanebono morì a Mantova nel 1249. La chiesa di Sant’Agnese, dove fu sepolto, vede arrivare da subito folle di pellegrini, con infiniti racconti di miracoli da lui compiuti; di guarigioni, soprattutto. Dopo la sua morte, infatti, per varie settimane, per non dire per vari mesi, regnava un’ atmosfera straordinaria di devozione collettiva e un clima di festa. La città fu percorsa notte e giorno da lunghe processioni che si formavano spontaneamente attorno alla chiesa dove riposava la salma di Zanebono. Poi la folla (e tutti erano a piedi nudi) si spargeva per le vie della città tenendo tutti in mano una candela accesa o portando in giro enormi tronchi di cera, tenuti dritti da parecchi uomini oppure posti su carri trainati da buoi. E alcuni di questi enormi ceri erano fatti a forma di candelabro, mentre altri imitavano la vite o altri alberi da frutto. Tutta la città era illuminata e la gente trascorreva la notte nelle piazze in preghiera, confessandosi ai religiosi e ai preti che si trovavano sul posto.
Dal momento in cui furono registrati i primi miracoli, che di fatto cominciarono ben presto a verificarsi, la fiumana degli abitanti della città si gonfiò di una torma di pellegrini venuti dai dintorni e, ben presto, anche da zone più lontane. E man mano che si moltiplicavano i prodigi, veniva a crearsi una vera e propria psicosi collettiva, che i cronisti del tempo descrivono chiamando ‘devotio’.
Due secoli dopo la morte di Zanebono, il ritrovamento del suo corpo intatto convinse il Papa Sisto IV ad autorizzare il culto, a Mantova e in tutto il mondo cattolico. I suoi resti sono custoditi ancora oggi Mantova, nella cappella dell’Incoronata in Duomo.
[r.favaro]
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Il giullare è un essere multiplo; è un musico, un poeta, un attore, un saltimbanco e altro ancora.
« Questo chiese il re al prediletto giullare Maldecorpo per divertire i convitati suoi al banchetto de Santa Croxe:
D’imbracciar la viola gli comandò
Di pizzicar la mandola
Di ballar le marionette gli comandò
Di narrar di Maccabeo che combatté per il Signore
Di raccontar di Elena la bella, come Paride l’amò e la rapì
Di suonar la giga
Di cantar il Fino Amante
Di percuoter l’atabor, il taborete, l’atabal e il pandarete
Di danzar a caval morto e a culo nudo in giro per la sala gli comandò. »