Police “Regatta de blanc” (1979)

Police “Regatta de blanc” (1979)

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1. POLICE "Message In A Bottle"
2. POLICE "The Bed's Too Big Without You"
3. POLICE "Bring On The Night"
4. POLICE "Reggatta De Blanc"
5. POLICE "Walking On The Moon"

discobase-fb-logo“Per scaldare la serata, ragazzi, suoneremo una canzone punk… che come tutta la musica punk è una grande schifezza!”. Con parole di questo tenore, Sting era solito aizzare e provocare la platea dallo skyline irto di creste multicolori che assisteva ai primi concerti dei neonati Police.
Leggenda o verità che sia, in questo siparietto datato 1977, si nascondono un paio di verità solo apparentemente contrastanti.
Una, che i Police sono in qualche modo debitori del clima di rinnovamento musicale (leggi movimento punk in senso lato) esploso nella seconda metà degli anni 70. Lo sono per l’atteggiamento musicale diretto, immediato e schietto, per quella voglia di freschezza sonora senza fronzoli che sembrava aver calamitato l’attenzione di quei musicisti che guardavano al “nuovo” .
Ma c’è anche una seconda verità: la distanza, talora abissale, che separa il sound Police, così pregno di gran gusto e sostanza musicale, dalla grezza ruvidità e dalla povertà sonora del punk.
I Police sono probabilmente, insieme agli U2, la band di maggiore successo prodotta dalla new wave. Il motivo di questo eccezionale appeal esercitato sul pubblico va ricercato in una manciata di fattori. L’obiettivo di questa scheda, centrata sul secondo Lp “Reggatta de Blanc”, datato 1979 e probabilmente l’album più significativo dell’intera discografia del gruppo, è proprio quello di rintracciare e analizzare questi aspetti.
Avevano, per cominciare dall’alto, tre capocce ossigenate, conseguenza, pare, di una campagna pubblicitaria per uno shampoo. Ma i Police, per fortuna, erano ben altro, musicisti di grande spessore, ognuno con esperienze e attitudini diverse.
Per cominciare, Steward Copeland (batteria), pur essendo un grande ammiratore del punk, aveva militato, fino all’incontro illuminante con Sting nel 1977, nientemeno che in una quotata formazione progressive, i “Curved Air”, votati a una commistione fra rock e classica e incamminati, dopo i fasti dei primi anni 70, verso un inesorabile declino.
Sting (voce e basso) dal canto suo, accanto all’attività di insegnante, coltivava una smodata passione per il jazz (peraltro ampiamente manifestata nella successiva carriera solista) e si faceva notare per il carisma non comune guidando, con poca fortuna, una flebile band, i Last Exit.
Andy Summers (chitarra) era invece un apprezzato e, diciamolo pure, stagionato turnista. Già compagno di ventura di Eric Burdon sin dagli anni 60, il chitarrista, classe 1942, arriva alla grande occasione con i Police dopo aver superato i 35 anni.
L’età anagrafica media, piuttosto elevata per una band emergente inglese di quell’epoca, è sicuramente una chiave di lettura per spiegare la classe di un suono esploso in tutta la sua maturità già nel disco di debutto, lo splendido “Outlandos d’Amour” del 1978, di cui “Reggatta de Blanc” rappresenta una sorta di conferma e ulteriore consolidamento secondo una linea di continuità espressiva.
I Police vengono talora ricordati per avere inventato il cosiddetto “reggae-rock”, una formula musicale che si ispira alle ritmiche e alle sonorità della musica jamaicana.
In realtà, sono davvero poche le canzoni che possono fregiarsi a pieno titolo di questa etichetta, anche se tra queste si annoverano alcune tra le loro canzoni più belle (“Bring On The Night” su tutte).
Piuttosto, in senso più lato, si riscontra nel suono della band una tendenza ai colpi in “levare” del batterista Stewart Copeland, vero motore del gruppo, dotato di un talento naturale così spiccato da imprimere col solo “tocco” delle percussioni un marchio di fabbrica all’intero suono della band.
A far da guida a cotanta sostanza sonora troviamo la voce e il basso di Sting: la voce calda, suadente e altrettanto riconoscibile, tanto da poter essere facilmente individuata all’ascolto ogni qualvolta si sia prestata negli anni a collaborazione esterne; il basso sempre “sul pezzo”, preciso, aggressivo e incalzante, degno complemento della sezione ritmica trascinata da Copeland.
Di Sting, leader indiscusso della band , non va dimenticata una discreta carriera di attore avviata dai mitici Who che, all’indomani del travolgente successo di “Outlandous d’amour”, lo reclutarono per una parte nel film “Quadrophenia”.
Unico strumentista armonico, Andy Summers, contribuisce alla meraviglia del suono- Police con ricami chitarristici carichi di effettistica che faranno scuola per una generazione di musicisti. Di grande gusto e mai ridondante, Summers è il grande tessitore della trama sonora della band.
Partendo dall’esempio del “tocco” di Copeland, è possibile estendere il concetto affermando che i Police possono vantare un’incredibile facilità nel creare delle atmosfere o, come si suole dire in gergo, un “sound musicale” particolarissimi e assolutamente riconoscibili.
L’impressione complessiva, ascoltando i solchi della band, è che il tutto avvenga con il minimo sforzo, attraverso una magica alchimia di suoni, raramente nella storia del rock così ben intrecciati e amalgamati tra di loro.
Alcune canzoni dei Police, come “Reggatta de Blanc” o “Deathwish” per fare due esempi dal disco qui analizzato, sono puri espedienti sonori per far esplodere l’incredibile feeling dei tre musicisti.
Un’ulteriore caratteristica e qualità (e ci mancherebbe!) di Sting e soci, è stata la grande facilità a costruire “hit” di successo. Quante altre apprezzate formazioni rock sono riuscite in così poco tempo a entrare così prepotentemente e frequentemente nelle discoteche e nelle programmazioni della radio fm? “Roxanne”, “So Lonely”, “Can’t Stand Losing You”, “Message In A Bottle”, “Walking On The Moon”, “Bring On The Night” sono i titoli che nell’arco di due dischi e due stagioni hanno accompagnato i kid’s di mezzo mondo e, a seguire negli anni e nei decenni, sono entrati nell’immaginario collettivo del rock.
Reggatta de Blanc: le canzoni.
L’apertura del disco ci riserva subito una perla, quella “Message In A Bottle” che è forse la più famosa canzone della band e certamente tra le più belle. Cosa dire di fronte a una canzone che a 25 anni distanza non ha perso un briciolo del suo smalto? L’ “Sos” lanciato da Sting continua a essere raccolto con entusiasmo, e tanti piccoli arrangiamenti destano ancora stupore, come la semplice incisività del fraseggio chitarristico di Summers e i controtempi di Copeland, qui brillanti sul finale della traccia, ma vero leit motiv dell’intero disco.
“Reggatta de Blanc” parte con una ridda di colpi di batteria, i proverbiali colpi di “sponda” del più grande rullante del rock. Al crescere del caos tribale accorre la voce di Sting che lancia uno strampalato coro da stadio. Immediatezza, freschezza, invenzione sonora, queste sono le qualità che trasudano dai solchi del disco. Il finale è ancora ritmicamente torrenziale con le fiondate sghembe della chitarra di Summers.
“It’s All Right For You” è un bel rock diretto con venature quasi punk dove il suono Police esplode in tutta la sua schiettezza e compattezza. Erano forse queste le schifezze di cui parlava Sting nei suoi concerti?
“Bring On The Night” è canzone di tale bellezza e armonia da potere essere spassionatamente consigliata come ascolto propedeutico per ogni musicista che voglia fare buona musica.
L’attacco di chitarra e basso all’unisono, al secondo 27 della traccia (per la precisione direbbe qualcuno), è assolutamente memorabile: quante volte gli incastri degli strumenti sono risultati così dosati e perfetti come in questa canzone? L’andamento di ispirazione reggae esplode in tutto il suo dinamismo nel ritornello: e allora, che si dia il via alle danze!
Come anticipato, “Contact” appare come un espediente sonoro sorretto dal feeling dei musicisti. La canzone che in sé ha poco da dire, è sorretta da un pattern ritmico frenetico e incisivo giocato su controtempi “rubati”.
Un altro classicissimo del gruppo è “Walking On The Moon”, canzone senza tempo e di fascino ipnotico, con il basso di Sting che regge il tutto con una manciata di note. Questa hit è una prova di come talora per fare grande musica l’essenzialità compositiva ed esecutiva rappresentino una chiave vincente.
Gli accordi di Summers sul battere, ad esempio, si levano e si diffondono cristallini con la naturalezza e l’armonia delle onde concentriche che si allargano dal punto in cui un sasso è caduto in un placido specchio d’acqua. Ohm.
Se con i tre minuti scarsi di “On Any Other Day” si torna a un rock diretto e frizzante farcito di cori, con la successiva “The Bed’s Too Big Without You” si torna in pista, da s-ballo, con le cadenze più tipicamente reggae che hanno fatto la fortuna della band.
Le canzoni finali segnano un piccolo abbassamento del livello qualitativo, paurosamente alto fino a questo punto del disco. “Deatwish” è caratterizzata da una torbida nota bassa di synth che sembra non voler far decollare il brano. Il piano fa invece capolino in “Does Everyone Stare?”, episodio stravagante e di difficile interpretazione.
Più definito il finale al fulmicotone di “No Time This Time”, dove l’energia rock dei Police può esplodere liberamente.
Police: chi non li ascolta, di filata in gattabuia!

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Oltre a vicepresiedere come si conviene a un vicepresidente, ci guarda dall'alto dei suoi 192 cm. La foto non tragga in inganno.