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Ascolta il Disco Base della settimana
1. ZUCCHERO "Con Le Mani"
2. ZUCCHERO "Dune Mosse"
3. ZUCCHERO "Senza Una Donna"
4. ZUCCHERO "Hey Man"
5. ZUCCHERO "Solo Una Sana E Inconsapevole Libidine"
I puristi, i bacchettoni e i talebani musicali storcano pure il naso e, se proprio hanno tempo da perdere, insultino malignamente, ma attenzione, c’è poco da scherzare. Il ragazzotto emiliano nato a Roncocesi, provincia di Reggio Emilia, nel 1955, dopo un paio di successi forse non pulitissimi (“Donne” e “Rispetto”) ha deciso di giocare all’attacco e, come prevedibile, è riuscito a colpire perfettamente il bersaglio.
Aiutato da uno stuolo di collaboratori di prim’ordine (Wayne Jackson, Corrado Rustici, Gino Paoli, Pete Townshend, Memphis Horns, Dodi Battaglia, Luis Luciano) Adelmo Fornaciari, alias Zucchero, realizza quello che, al di là di qualsiasi maniacale pregiudizio, può essere liberamente considerato il suo capolavoro più cristallino: “Blue’s”.
Album fine e sopraffino, elegante e delizioso: il blues, o meglio, il blues nostrano, ai massimi livelli. Zucchero è in palla, e lo dimostra subitissimo grazie alla famosissima “Con le mani” (Gino Paoli collabora alla stesura del testo), mentre con “Pippo” sfoga tutta la propria incontenibile anima soul (memorabile il ritornello: “Pippo, che cazzo fai / Pippo, oh no / Pippo, che pesce sei / Pippo, anche lei”).
E’ poi la volta dei tormentoni: “Non ti sopporto più” e “Senza una donna” rimbalzeranno, come fiocchi d’avena, su tutte le spiagge d’Italia nella caldissima estate del 1987 (in Liguria, dove abitualmente mi reco per le vacanze estive, che ci crediate o no, le canticchiavano un pò tutti). Inoltre, spiccano anche la trascinante “Hey Man”, e la libidinosa “Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’azione cattolica”. Ma Zucchero sa anche farsi intimista e sussurra, quasi timidamente, la storia di un viaggio all’interno dell’amore, “Dune mosse” e la storiellina, flebile e graziosa, di un’infanzia un pò scioccante, “Bambino io, bambino tu”.
Zucchero canta benissimo (provate un po’ a riascoltarvi questo album e poi, subito dopo, ascoltatevi “Zu&Co”, notate la differenza?) e le musiche, affascinanti e deliziosamente groovy, tendono a enfatizzare, ma senza sbarellare, il ritmo solenne e quasi epico di questo eclettico album d’alta classifica (a proposito, quattro mesi al n.1 in hit-parade). Zucchero stravolge il blues, non tenta di copiarlo, prova a riscriverlo, rende omaggio ai grandi padri del soul blues americano (Aretha Franklin, i soliti furti a Joe Cocker) ma, bontà sua, evita di rendere omaggio, per l’ennesima volta, a Piero Ciampi (la tentazione sarà comunque fortissima, e in “Oro, incenso e birra” ci ricascherà con tutte le scarpe). E alla fine, quasi per ringraziare il pubblico, decide di intonare “Hai scelto me”, poco più di due minuti per un ultimo, eccezionale, colpo di genio: combinare il blues con il pop (impresa, fra l’altro, riuscitissima).
Qualcuno potrà dire che Zucchero è un cialtrone, che di blues non ci capisce una mazza fionda, che farebbe meglio a restarsene a casa a sguazzare nei miliardi. E in parte, avete anche ragione. Dopo “Blue’s”, e il magistrale “Oro, incenso e birra”, di Adelmo Fornaciari si sono perse indelebilmente le tracce (qualcuno dice di averlo rivisto, quasi un anno fa, a Roma al Live8). Tra un “Miserere”, un funkhy all’acqua di rose (quello miliardario di “X colpa di chi?”) e una miriade estenuante di duetti e duettucoli (Miles Davis, Sting, Eric Clapton, Pavarotti, Laura Pausini, Tom Jones, Shreyl Crow, Paul Young, Francesco De Gregori, Jovanotti) dello Zucchero blues man di fine anni Ottanta è rimasto poco e niente, solo qualche guizzo qua e là spento e isolato. Forse farebbe sul serio meglio a restarsene a casa e annegare nei miliardi, ma quanto milioni di italiani decidono che, vista la calura e vista la partenza di brocca collettiva, è ora di comperare robaccia come “Il grande baboomba”, bhe, che dire, c’è da rimpiangere i tempi in cui tutti impazzivano per “Pippo” o “Diavolo in me”.
Forse non era blues al cento per cento, ma era emozione, ritmo, divertimento, spensieratezza, professionalità. E oggi, grazie a una celebre legge detta del contrappasso, siamo noi a potergli, e dovergli, cantare: “Non ti sopporto più…. davvero”.