12 febbraio

12 febbraio

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Una storia, una curiosità, un avvenimento da ricordare

Almanaccando

Molte storie sbagliate si somigliano tra loro: un inizio promettente, poi le luci inebrianti del successo, infine un inesorabile declino. E talento, molto, che viene sprecato, e che comunque non basta a salvare. Tiberio Mitri è stato uno dei più grandi pugili italiani, cresciuto in un paese che cercava di uscire, anche a cazzotti, dalle miserie della guerra. Una faccia che sapeva di pugni, occhi brillanti sopra a zigomi da slavo, nato e cresciuto in una Trieste contesa e incredibilmente ricca di talenti sportivi (Missoni, Rocco, Maldini, Bearzot, solo per nominarne qualcuno). È un peso medio, sul ring colleziona titoli e diventa famoso, lo chiamano Tigre. Finisce sui rotocalchi anche per il matrimonio con una Miss Italia, accendendo la fantasia popolare per via del binomio, a quel tempo inconsueto, tra sportivo e soubrette. Relazione infelice. Così va in America e arriva ad un passo dal titolo mondiale, perdendo -senza mai andare al tappeto- contro quel toro scatenato di Jack La Motta. Decide allora di mollare. Si mette a fare l’attore e recita in una ventina di pellicole, alcune celebri. Michelangelo Antonioni gli offre anche il ruolo da protagonista nel Grido ma lui rifiuta la parte perché è la storia di un cornuto. Nel frattempo conosce le droghe; dopo viene la galera, e la morte dei due figli. Tanto, forse troppo per una vita sola. Negli ultimi anni vive a Trastevere, solo, in cerca di espedienti, sporadicamente chiede la carità per strada. Qualche volta va in visita a una palestra di amici dove racconta dei pugni dati e di quelli presi. Poi, il 12 febbraio del 2001, si incammina lungo i binari della Stazione Termini, confuso, e incontra un treno. Gong.
[rf]

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