Una storia, una curiosità, un avvenimento da ricordare
Almanaccando
Il 25 febbraio del 1964 è una data fondamentale per la boxe. A Miami si mette in palio il titolo mondiale dei pesi massimi. Su un angolo del ring c’è un ragazzo di 22 anni, afroamericano, figlio di un pittore di insegne e di una casalinga del Kentucky. All’angolo opposto c’è un altro ragazzo, 32 anni, afroamericano anche lui, già campione di tutto. Si chiamano Cassius Clay e Sonny Linston. Sono figli della stessa identica America, dove fare a pugni può essere l’unico modo di battere il pregiudizio razziale, anche se gli incontri sono pesantemente condizionati dalle scommesse della mafia. Alla settima ripresa Liston cade. Clay è campione del mondo per la prima volta. Nella rivincita, tre mesi dopo, Liston cade subito. Clay ha sferrato il suo famoso cazzotto fantasma, il phantom punch, che non si è mai capito quanto forte fosse davvero. Mentre Liston è a terra tramortito, l’arbitro tiene il conto e Clay lo invita a rialzarsi. Se la rabbia avesse un ritratto sarebbe il suo. Per molti è il manifesto di un pezzo di società che comincia a incazzarsi, per altri una evidente combine. In ogni caso quel round è una delle foto migliori della storia della boxe. Il ragazzo vince il suo secondo titolo mondiale. Da quel giorno Cassius Clay cambia nome e religione. Diventa Mohamed Alì, pugile musulmano, disertore, attivista per i diritti umani, protagonista di centinaia di libri, documentari, canzoni popolari. La storia, insomma, di uno dei più grandi sportivi del ventesimo secolo. Chissà cosa direbbe oggi il pugile musulmano dell’Isis. Di sicuro sappiamo cosa rispose quando gli chiesero perché volesse disertare la guerra in Vietnam: “”i Vietcong non mi hanno mai chiamato negro””. Gli domandarono allora “”sai almeno dov’è il Vietnam?””. “”Sì, dentro la tv””.
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