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Ascolta il Disco Base della settimana
1. REM "Drive"
2. REM "Try Not To Breathe"
3. REM "The Sidewinder Sleeps Tonite"
4. REM "Everybody Hurts"
5. REM "Man On The Moon"
Dopo oltre sette album, di cui almeno due veri e propri capolavori (“Murmur”, “Document”), nel 1992 gli R.E.M. (“AR I EM”), a solo un anno di distanza dal successo planetario (e milionario) di “Out Of Time”, tornarono in scena con “Automatic For The People”.
Michael Stipe era dimagrito in modo impressionante (e c’è da dire che il ragazzo, già di per se, non è che fosse di costituzione robusta), era pallido, quasi sifilitico. In molti gridarono alla malattia, all’AIDS, complici anche i suoi gusti sessuali non molto ben chiari (oppure chiarissimi, dipende da come si vogliono intendere le cose). Ma egli non fece nulla per dissuadere la massa. Bensì lasciò correre,con l’intento, vista la sua enorme fama, di sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti delle vittime del virus HIV. E qui si apre il sipario.
Dolore e morte. Sono questi i temi dominanti in “Automatic For The People”, album prevalentemente acustico. E lo sono sia che si ascolti “Drive”, la bellissima e suggestiva ballade di apertura, che tra chitarra e archi esprime con dolore il disagio giovanile di una notte “brava”, sia che ci si perda tra le semplici ma intense note di chitarra di “Sweetness Follows”, la canzone più dolce e triste dell’intero cd e, a parere mio, di tutta l’opera remiana (infatti, trattasi della storia di chi si appresta a seppellire i propri genitori ma non si arrende, sapendo che, prima o poi, “la dolcezza arriverà”), dal sound quasi accennato per dare spazio alla voce sofferta di Stipe.
Pochi ma vivaci i brani “alla R.E.M.”, come per fare un salto nell’immediato passato: “The Sidewinder Sleeps Tonite”, filastrocca incomprensibile (che si rifà al “The Lion Spleeps Tonight”) dal ritmo e dal ritornello trascinanti. “Man On The Moon” (colonna sonora dello stupendo film omonimo, recitato da uno straordinario Jim Carrey), dedica di Stipe al mito Andy Kaufman, celebre comico scomparso prematuramente. E poi anche la rilassata “Star Me Kitten” e soprattutto “Ignoreland” (dagli echi musicali di “Finest Worksong”, e più in generale di “Document”): brano dal ritmo serrato, di denuncia sociale contro le illusioni di un America “terra di ignoranti”.
Dopodichè dolore & morte ritornano prepotenti,e non sono solo accennati in “Try Not To Breathe”, e particolarmente in “Everybody Hurts”, capolavoro assoluto dei R.E.M., brano di identificazione assieme a “Losing My Religion”: jingle – jangle sempre d’effetto e basso che gira a meraviglia, ma qui la voce di Stipe compie l’ennesimo miracolo, colpendo l’ascoltatore dritto al cuore nell’urlo disperato, dopo l’attacco di archi e percussioni, di “non arrendersi”. Sofferenza anche in “Monty Got A Raw Deal”, dedica all’attore Montgomery Clift, ironica nel titolo (“A Monty è andata male”) ma commovente per la bellezza del testo e del significato. E se le note suadenti della strumentale “New Orleans Instrumental No.1” permettono di riprendere fiato tra la moltitudine di emozioni che quest’album è capace di infondere, ci pensano “Nightswimming” e “Find The River”, le due perle finali, a ricordarci ancora una volta che se Stipe & Co. sono ispirati, sono capaci di tutto. “Nightswimming” potrebbe essere una poesia di fine estate, da ascoltare al tramonto immersi nella tranquillità del mare calmo della sera: unici protagonisti sono pianoforte, qualche arco e la sempre stupenda voce di Michael. “Find The River” è anch’essa pura poesia: dalla fisarmonica e dalla chitarra acustica che danno l’incipit a percussioni e pianoforte, alle parole che scorrono dalla roca voce di Stipe. Dall’invito a trovare il fiume, come il fiume trova il mare, alla morte di un poeta che sa di “essere più vicino a te ora che anni luce fa”.
La giusta conclusione di “Automatic For The People”: poesia pura.
Non ci sono punti deboli in questo capolavoro.