L’afrodisiaco carciofo
Un saluto e bentrovati a tutti gli ascoltatori!
Il carciofo è femmina. Così almeno dice la mitologia, che narra di una ninfa di nome Cynara. Ella aveva un volto luminoso dalla pelle rosata, occhi verdi con rarissime sfumature viola, un corpo snello e proporzionato e portamento elegante e flessuoso. I suoi lunghi capelli erano color cenere e proprio per questo le era stato dato il nome di Cynara.
La bella fanciulla, dal carattere decisamente spinoso, osò rifiutare le avances di Zeus, che se ne era perdutamente innamorato. Naturalmente l’olimpico sciupafemmine non si diede per vinto e accolse il rifiuto come un invito a insistere. Dopo numerosi tentativi comprese però che Cynara non avrebbe mai ceduto alle sue lusinghe e naturalmente si arrabbiò.
Zeus riteneva inaccettabile che una ninfa rifiutasse il corteggiamento del re degli dei, perciò in un moto d’ira decise di trasformarla in un vegetale che in qualche modo le assomigliasse. Avrebbe dovuto essere spinoso e rigido all’esterno, come era stato il carattere orgoglioso e volubile di Cynara, doveva avere un colore verde con riflessi viola, come i suoi occhi, e dentro doveva custodire un cuore tenero e dolce, come l’animo della ragazza.
Nacque così il carciofo. Un ortaggio sempre in bilico tra il darsi e il negarsi, che dona il suo cuore solo a chi non ha fretta e riesce a vincere la sua ispida ritrosia. Tutto ciò gli fece guadagnare già in epoca antica la fama di cibo afrodisiaco, emblema delle spinose delizie dell’amore.
Alcuni dicono che i primi a coltivarlo siano stati gli antichi egizi, altri sostengono che sia arrivato dall’Oriente. I più fantasiosi assicurano invece che il carciofo è “cosa nostra”, verificata anche dal fatto che la mafia diede alle sue associazioni proprio il nome della corona di foglie che circonda il cuore del carciofo, che in siciliano si chiama cosca. Un modo per dire che gli affiliati difendono ferocemente il fondo dell’organizzazione così come la cosca difende tenacemente il fondo del carciofo.
Ma torniamo ai suoi effetti considerati afrodisiaci. Nel corso del Rinascimento questa sua nomea fu molto declamata. “La polpa dei carciofi cotti nel brodo di carne si mangia con pepe nella fine delle mense per aumentare i venerei appetiti” dice uno scrittore (Mattioli), “servono alla gola e volentieri a quelli che si dilettano de servire madonna Venere” scrive un altro (Felici). La madrina per eccellenza fu Caterina de’ Medici, che peraltro riteneva eccitanti molti altri alimenti. Entravano nel suo elenco il cardo, lo scalogno, le zucchine, il sedano, i funghi, le fave, le cipolle, ma i carciofi cotti nel vino furono i suoi prediletti.
Quando a metà del Cinquecento Caterina andò in Francia come sposa di re Enrico II, insieme al corredo, si portò anche un gran numero di cuochi e di pasticceri, attraverso i quali influenzò e trasformò la sfarzosa cucina francese. E, con i cuochi, portò anche alcuni ingredienti lì sconosciuti, tra cui il carciofo che, in poco tempo, divenne il cibo più in voga della capitale.
Pare che la vorace de’ Medici li amasse follemente, tanto da rischiare di morire a causa di una pantagruelica spanciata di carciofi serviti in un pranzo di gala alla corte di Parigi. In questo banchetto vennero serviti cibi che dovevano essere divisibili per tre, il numero perfetto della superstiziosa regina: “33 arrosti di capriolo, 33 lepri, 6 maiali, 66 galline da brodo, 66 fagiani, 3 staia di fagioli, 3 staia di piselli e 12 dozzine di carciofi”. Un menù più pesante che afrodisiaco direi.
La ricetta che oggi vi propongo è decisamente più leggera: “sospiro di carciofi”, un antipasto presentato come gioco amoroso in “Afrodita” di Isabel Allende.
Ingredienti: 2 carciofi, ½ tazza di panna da montare, 1 cucchiaio e ½ di gelatina o colla di pesce, sale e pepe.
Preparazione: in abbondante acqua salata fate bollire i carciofi per 30 minuti. Scolateli bene e fateli raffreddare all’aria aperta. Con l’aiuto di un cucchiaino, raschiate via la polpa dalle foglie, pulite i cuori e tritate tutto e condite con sale e pepe. Nel frattempo fate sciogliere la colla di pesce in poca acqua tiepida. Montate la panna finché diventa soffice. Mettete tutti gli ingredienti nel frullatore e attivatelo per qualche secondo fino a ottenere un impasto omogeneo. Dividete ora l’impasto in due stampini imburrati, metteteli in frigorifero per 2 ore. Rovesciateli infine su di un piatto di portata e servite. Facoltativamente accompagnate questa mousse con una maionese fatta in casa o con una salsa delicata.
Buon appetito e a risentirci la settimana prossima!
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Immagine: Renato Guttuso, “Carciofi”, olio su tela, 1966