Massimo Mastrorillo
Nato a Torino nel 1961, si è laureato all’Istituto Europeo di Design di Roma, dove attualmente vive.
Ha sempre lavorato su documentari fotografici a lunga scadenza (Mozambico, Turchia, Iraq, Indonesia). Temporary?Landscapes, in particolare, è il progetto sull’ Abruzzo dopo il terremoto, i cui scatti sono apparsi anche sulle pagine di Marie Claire di ottobre 2010 per un reportage sulla città de L’Aquila 500 giorni dopo la tragedia. Nel 2005 ha vinto il World Press Photo nella categoria Nature con un’immagine in bianco e nero realizzata su una spiaggia indonesiana tre mesi dopo lo tsunami. «Il livello di distruzione era tale – ricorda – che ogni volta che scattavo avevo la sensazione del “troppo”: troppo dolore, troppa violenza, troppa devastazione». Il suo ultimo progetto si intitola White Murder e documenta le morti bianche, gli incidenti sul lavoro in Italia. Dice: «Si calcolano quattro morti al giorno, uno ogni sette ore. Una lista di vittime così c’è solo in guerra».
Ama ritrarre la natura quando è più arrabbiata, e se il suo approccio sembra distaccato, è solo per frapporre una distanza tra se stesso e le tragedie che ritrae. Dal terremoto di Haiti e quello dell’Aquila, al fenomeno agghiacciante dei suicidi in Giappone (30mila negli ultimi 12 anni). Catastrofi, violenze, dolori sono i temi documentati da questo fotoreporter “scientifico” (ma molto umano).