Questa più che una storia è una speranza: la dedico a tutti i miei lettori/ascoltatori per tenere accesa una luce!
C’era una volta un re mago molto cattivo, così cattivo e così potente che tutti lo conoscevano come Corona Virus.
Era tanto perfido che non voleva esistesse in tutto il suo regno qualsiasi segno d’amore: nessuno doveva baciare o abbracciare un’altra persona, addirittura nemmeno frequentarla… Tutti vivevano da soli in casa e se uscivano evitavano gli altri: la gente non si riconosceva neanche più perché per strada si poteva girare solo mascherati, senza salutarsi, senza poter sorridere a nessuno, senza stringersi la mano.
Corona Virus era molto soddisfatto di sé, si impadroniva gradualmente di tante terre e di tanti regni e godeva nel vedere le persone tristi e isolate, malate e depresse.
Il tempo passava: venne la stagione più bella dell’anno, la Primavera! Corona virus odiava la Primavera, così piena di colori, di profumi, di novità. Così decise che per essere davvero il più potente della terra doveva impadronirsi anche della natura, dei fiori, delle stagioni.
Una mattina dunque si alzò e comandò ai suoi servitori: “dite al sole di non sorgere e ai fiori di non sbocciare! proibite agli uccelli di volare e di cantare, dite agli alberi di coprire i loro tronchi e ai frutti sui rami di non maturare!”
I servitori chinarono la testa obbedienti e Corona Virus tutto soddisfatto passò la giornata a pregustare un domani cupo e silenzioso.
Il mattino dopo, quando si svegliò, si precipitò ad aprire le finestre per godersi una giornata grigia e muta, senza colori e senza gioia. Ma quando si affacciò un sole accecante gli bruciò gli occhi, il cinguettio degli uccelli gli perforò le orecchie, il profumo dei fiori gli invase le narici, le fronde degli alberi arrivarono fino a lui e lo avvinghiarono stretto.
Così morì Corona Virus, ucciso dalla natura che, in ogni caso, resta più forte della stupidità degli uomini e della loro malvagità.
A voi tutti cari amici un caro saluto e un abbraccio, purtroppo solo virtuali, da
Maria Vittoria Grassi.