Era un attore bravissimo, anzi “era nato” attore. Fin da piccolo (i suoi genitori l’avevano chiamato purtroppo Euripide, ma lo chiamavano Ipide) recitava a modo suo: fingeva di avere fame (sbavando con la bocca aperta) o sete (con la lingua fuori).
Se voleva un gelato si leccava una mano, se doveva andare in bagno si calava i pantaloni… Non che non parlasse, certo che no! parlava eccome ma sempre in modo particolare:”Affè mia, prof – diceva all’insegnante – tal tediosa lezione mi conturba!”. “E io ti metto un quattro ancora più conturbante- ribatteva l’insegnante seccata,- anzi due: uno per il disinteresse e l’altro perché non parli come mangi!”.
Andando avanti così Ipide non si faceva certo apprezzare e non finì nemmeno la scuola (ma tanto quello che gli interessava era seguire una scuola di recitazione).
E, in effetti, il suo desiderio si realizzò: divenne un bravissimo attore. La gente faceva a gara per andare a sentire le sue interpretazioni, le critiche lo osannavano, i teatri se lo contendevano. Diventò anche ricco oltre che famoso: viveva in una specie di palazzo pieno di tendaggi all’antica e di quadri che rappresentavano attori del passato di tutto il mondo. Aveva 126 persone che lo riverivano, tra segretari, impresari, camerieri, cuochi, domestici vari.
Un giorno, mentre Ipide, davanti allo specchio, provava Amleto, col suo teschio in mano, entrò un ragazzino munito di secchio e di spazzolone per lavare il pavimento.
Vide la scena e si immobilizzò sconcertato. “Chi mai sei tu? – ruggì Ipide – O forse non sei?”. Il ragazzino, che si chiamava semplicemente Carlo, non si lasciò intimidire “Io sono di sicuro Carlo – ribatté – E tu, con quel teschio, sei un assassino?”.
Ipide, allibito, non sapendo cosa rispondere cacciò via il ragazzo in malo modo. Poi cominciò a riflettere: in effetti lui chi era? Euripide, come i suoi genitori l’avevano voluto, certo non lo era mai stato.
Era forse Amleto, Edipo, Romeo … Pulcinella? Sì forse un Pulcinella senza padrone né amici né affetti: era uno che cambiava faccia e sentimenti senza essere mai davvero una persona: un uomo senza carattere né personalità propria. Chi era lui?
Si rese conto che il ragazzo con lo spazzolone aveva ragione: era stato l’assassino di se stesso. Finalmente si chiese: è tardi per cambiare? Guardò il teschio ma questi non gli rispose.
A voi forse la risposta perché la storia di oggi finisce qui. Un caro saluto da Vittoria!