C’era una volta un mago, erede di una famosa stirpe di nobili e famosi maghi.
Al momento della nascita già c’era stato un piccolo diverbio sul nome, tra la madre, la maga Circe, che lo voleva chiamare Ulisse, e il padre, Omero, che gli voleva dare il nome di Ciclope.
Tra un “sei matto, vuoi che abbia un occhio solo?” e un “matta sei tu che lo vuoi far perdere in mare!” la spuntò il padrino, mago Virgilio, che gli assegnò il nome di Alighiero. “Solo Alighiero?”- disse Circe, che aveva studiato- niente Dante?” “Perché dovrebbe dare qualcosa? – ribatté seccato Omero, che a scuola era un asino. E così Alighiero fu.
Alighiero crebbe felice nella sua magica famiglia ma sempre un po’ distratto e, come scolaro, prese più dal padre che dalla madre.
Per questo le sue nozioni di magia lasciavano molto a desiderare: la bacchetta gli cadeva di continuo, parlava in terzine dantesche, agli esami di trasformazione fu bocciato più volte e la sua tesi di laurea sullo spostamento degli oggetti fu sospesa quando uno dei professori cadde dal soffitto rompendosi due gambe.
In ogni caso Alighiero era un mago allegro e di buon carattere, sempre pronto ad offrire i suoi (discutibili) servigi.
Così, quando seppe che il re di Vattelapesca cercava un mago per un suo problema a corte, Alighiero si presentò.
Il re di Vattelapesca, Orlando, detto il Furioso, era così disperato che non chiese nemmeno le referenze e assoldò senza indugio Alighiero, spiegando che il problema era suo figlio, il principe Ossuto, che si rifiutava di mangiare.
Cuochi, chef, ostesse di campagna, esperti televisivi erano stati messi alla prova, licenziati e (solo due) decapitati: nessun risultato utile perché Ossuto rifiutava il cibo con ostinazione, sotto lo sguardo sgomento del medico di corte, Peretta, e del gran ciambellano di corte, Untuoso.
Alighiero, impavido, si avvicinò ad Ossuto e meditabondo esclamò: “Nel corso del cammin della mia vita/ mai riscontrai questo tuo morbo oscuro/ chè la via del boccon resta impedita!”
“Sì sì va bene! – tagliò corto Orlando – basta poesia! passa alla soluzione del problema!”
Alighiero, un po’ offeso, ci pensò su e, alzata la bacchetta, declamò: “Ora mi è d’uopo usare la bacchetta / perché cambiare Ossuto è cosa dura / ma so qual è la soluzione perfetta/ farò l’incanto della cotoletta!”.
Passò un minuto e Ossuto si trasformò in un’enorme cotoletta, graziosamente coronata da bianchi fiocchi di purè di patate. Peretta, il medico, svenne, Untuoso azzardò, mellifluo: “Forse, togliendo il purè…” Re Orlando prese Alighiero per la gola e alzò la spada ruggendo… Alighiero, terrorizzato, alzò la bacchetta e gridò: ” Non ti curar di un piccolo incidente/ ti mostrerò qual è la mia virtute/ azzerando ogni carne immantinente…!”
Ed ecco ricomparire Ossuto, in normali sembianze però in versione scheletro e del tutto trasparente: gli si vedeva all’interno come in un’ecografia…
Re Orlando rovesciò Alighiero a testa in giù afferrando un’accetta, quando …
“Fermi tutti – gridò entusiasmato Peretta – vedo una cosa…” . Insomma si scoprì, grazie alla maldestra magia di Alighiero, che a Ossuto si era incastrato in gola un osso di pollo che gli impediva di mangiare.
Per farla breve tutto si risolse al meglio: l’osso di pollo fu tolto, Ossuto cominciò a mangiare a crepapancia e cambiò il suo nome in Polposo, Alighiero fu nominato Primo Mago del regno di Vattelapesca e continuò beato a fare disastri.
Un caro saluto da Vittoria (ricordandovi che il 2021 è l’anno di Dante) e… alla prossima!