Deep Purple
“Burn”, 1974 (Elektra)
Hard-Rock
di Luca Petruzziello
Si può riuscire a produrre un lavoro che diventi una pietra miliare, dopo due album considerati dei masterpiece (se includiamo anche Live in Japan arriviamo a tre) e cambiando componenti della band?
La risposta possiamo trovarla ascoltando “Burn”, lavoro mitico dei Deep Purple; base di supporto per l’heavy metal che verrà (vedi Iron Maiden) e testimone di un’epoca che ancora oggi ha da insegnare!
Siamo infatti nel 1974, la registrazione avviene nel 1973, quando la responsabilità vocale viene assunta da David Coverdale, oltre all’ingresso del bassista Glenn Hughes, che ci regalerà una intepretazione magistrale dei brani contenuti nell’album, spaziando dall’ hard rock (Burn) al blues sanguigno (Mistreaded).
Coverdale, si mostra da subito degno della tradizione dei frontman rocker dell’epoca; anche la sua conversione al pop-rock con i Whitesnake, che fonderà dopo la sua esperienza con i Deep Purple, non affievolirà le sue doti canore!
“Burn” resta per me un disco da tenere stretto.
Le tematiche classiche, vedi i “solo” di John Lord, come i suoni più duri, ci fanno comprendere una intera epoca musicale e non, che partendo dai primi anni sessanta scuote il mondo sino alle fondamenta.
Alla chitarra c’è Ritchie Blackmore, che di lì a poco lascerà la band, dando vita al progetto Rainbow capitanato dalla voce di Ronnie James Dio, per poi farvi ritorno dopo una decina di anni!
La sezione ritmica viene completata dalla creatività di Ian Paice alla batteria.
Quando pubblicano Burn, come detto in precedenza, i Deep Purple sono già un gruppo di fama mondiale; Machine Head e la immortale Smoke on the water facevano parte del dna di tutti i fan del buon rock; con Burn, la band dimostra come si possa spingere ancora di più sull’acceleratore.
La produzione è una scarica di adrenalina; Burn fissa l’inizio, e Might just take your life ( che personalmente mi porta alla mente i grandi raduni stile Woodstock) ci porta a capire i brividi che regalerà l’album!
Lay down, stay down e Sail Away chiudono alla grande il primo lato della nostra pietra miliare.
Il lato B si apre con l’incalzante You fool no one, seguita dal rhythm & blues di What’s goin’ on here che non fa altro che portarci comodi comodi alla stupenda Mistreated dove la intro di Blackmore e Coverdale è indimenticabile!
La chiusura con A200,dimostra ancora la capacità di spaziare tra generi; qui, infatti, si naviga tra le righe spagnoleggianti e le visioni galattiche.
Il Rock è morto! Viva il Rock!
Buona musica a tutti!