Blind Faith
“Blind Faith”, 1969 (Polydor)
Blues, rock
di Paolo Pisi
Un unico disco per il “supergruppo” per eccellenza.
Alla fine del 1968, i Cream, band che influenzò il rock ben oltre quanto si tributi loro e i cui componenti assursero a fama mondiale proprio grazie ai dischi incisi sotto questo nome, decidono – coraggiosamente – di sciogliersi.
Eric Clapton, chitarra, Jack Bruce, basso, e Ginger Baker, batteria sono tutti cresciuti alla scuola di John Mayall e, staccatisi dal Maestro, avevano messo in piedi questo formidabile trio in cui l’unica regola è la libertà di sperimentazione e di innovazione, in qualche modo la causa stessa del loro scioglimento quando gli interessi musicali presero strade diverse.
Così, nel 1969, dall’incontro fra Clapton e il tastierista Steve Winwood, appena uscito dai Traffic nasce l’idea di una nuova band; Clapton recupera Baker alla batteria e, qualche mese dopo, viene ingaggiato al basso Ric Grech proveniente dai Family.
Il concetto di “supergruppo” si basava sulla collaborazione di artisti già diventati noti come solisti o in altre formazioni, ma in genere queste formazioni avevano vita breve – un disco o un tour – oppure collaborazioni saltuarie ad affiancare altre attività soliste; forse le uniche eccezioni di collaborazioni durature sono state “Crosby, Still, Nash & Young” ed “Emerson, Lake & Palmer”, dove peraltro, curiosamente, non c’è un “nome”, ma l’elenco dei componenti a identificare la band. Con tutte le dovute proporzioni, mi piace ricordare che più o meno in contemporanea alla nascita dei Blind Faith, anche in Italia si forma, per un breve periodo, un “Supergruppo” con Ricky Gianco, Gianni Dall’Aglio dei Ribelli, Victor Sogliani dell’Equipe 84, Mino Di Martino dei Giganti e Pietruccio Montalbetti dei Dik Dik.
I Blind Faith pubblicarono un unico lavoro, omonimo, fecero un tour poi si sciolsero alla fine dello stesso anno di formazione, quando Clapton dimostrò nei fatti di non essere più interessato al progetto e Winwood non volle farsi carico da solo di tutto il lavoro del gruppo.
Il disco contiene sei tracce, tre delle quali di Winwood, una a testa per Clapton e Baker e una cover di Buddy Holly: sono brani di assoluto valore, in particolare “Can’t find my way home”, “Presence of the Lord” e “Sea of Joy”; i vari remaster scoveranno poi inediti sia in studio che live, demo e anche alcune jam-session.
Sulle annose polemiche relative alla copertina non faremo alcun cenno: non siamo radiogossip…