Bob Dylan “Time out of mind” (1997)

Bob Dylan “Time out of mind” (1997)

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Bob Dylan
“Time out of mind”, 1997 (CBS Records)
Blues, rock

di Riccardo Savazzi

 

Dopo gli scarsi successi degli anni ottanta, Time Out Of Mind viene pubblicato nel 1997; trentesimo album in studio di Dylan e primo album di inediti dopo Under The Red Sky del 1990.
Considerato sia dai fans che dalla critica il ritorno artistico di Dylan ad alti livelli, l’album vinse tre Grammy Award per miglior album folk contemporaneo, miglior performance vocale e album dell’anno.
Dylan, dopo aver partecipato ai funerali di Jerry Garcia, iniziò la stesura delle nuove canzoni durante l’inverno del 1996 nella sua fattoria in Minnesota e quando credette di aver scritto tutto quello che c’era da scrivere chiamò Daniel Lanois, che aveva prodotto in precedenza, Oh Mercy nel 1989, ed era conosciuto per il lavoro svolto con gli U2, Emmylou Harris, ecc., perché mettesse mano alla tecnologia e al suono.
Lanois confessò di aver avuto non poche difficoltà nel produrre Bob Dylan. “Beh, non sai mai cosa ti possa capitare. Lui è un tipo molto eccentrico…”.
Dalla loro “conflittuale” collaborazione ne scaturì un album con un’atmosfera particolare, anche grazie al lavoro innovativo di Lanois nel posizionamento dei microfoni e nel missaggio.
Le sessioni di registrazione dei nuovi brani iniziarono al Criteria Studio di Miami.
Vennero ingaggiati musicisti come la chitarrista Cindy Cashdollar e il batterista Brian Blade, entrambi portati da Lanois. Dylan, invece, chiamò Jim Keltner, batterista della sua touring band nel periodo 1979-1981. Inoltre volle anche Bob Britt, Duke Robillard, Augie Meyers, ed il pianista Jim Dickinson.
Il lavoro dentro e fuori la sala di registrazione fu certosino, ci vollero circa sei mesi di ripensamenti, riscritture, missaggi diversi, sovraincisioni, per produrre un album che, nella visione di Dylan, doveva avere, alla fine del Novecento, il feeling degli album degli anni ’50 ma con un “centro sonoro” che permettesse all’album di essere contemporaneo, nei testi e nella musica, e quindi completamente comprensibile per chi lo ascoltava.
Il risultato: undici canzoni con le quali Dylan rinasce di nuovo, visionario e doloroso, con un album che parla di dolore, morte, abbandono, disillusione, poche speranze e poco amore, e la verità, nient’altro che la verità, sulla vita.
Buon Ascolto!

 

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La musica è stata ed è la colonna sonora delle mie giornate, di studio, di lavoro e di svago. Mi piace leggere, amo in modo viscerale la montagna ed in particolare, anche se può sembrare un paradosso, il Südtirol dove, da diversi decenni, trovo rifugio nei mesi estivi.