The Allman Brothers Band
“Eat a peach”, 1972 (Capricorn)
Blues, Southern-rock
di Antonio Del Mastro
Nel Febbraio del 1972 dopo la morte del mitico Duane Allman (Skydog) avvenuta pochi mesi prima con un fatale schianto in moto, viene pubblicato su doppio album questo magnifico e pregevole lavoro della band americana. Tutti i componenti, Gregg Allman, Dickey Betts, Berry Oakley, Butch Trucks e Jay Johanson rispettivamente voce, chitarra, basso, batteria e percussioni, decidono di proseguire con la band nonostante la mancanza di Duane (cosa affatto non banale all’epoca, vista l’importanza del leader e session-man del gruppo).
Composto in parte da incisioni in studio e in parte da brani live del mitico concerto al Fillmore East del 1971 (altra pietra miliare indiscussa e tra i migliori live della storia del rock), l’album segna anche l’inizio di un graduale allontanamento dalle origini più blues. Infatti nei successivi lavori, in cui Betts e Gregg diventano i leader (ed anche solisti…) è facile accorgersi che le sonorità slide diventano più hard e più pronunciate verso un country rock, complice appunto la ormai e unica presenza della chitarra di Dickey. Oltre a questo cambiamento i componenti iniziarono ad entrare nel vortice della droga per poi disintossicarsi gradualmente negli anni. La famosissima copertina traente una pesca su di un rimorchio rappresenta una citazione di Skydog quando parlava della situazione in Georgia – allora repubblica sovietica molto sviluppata economicamente ma anche piena di corruzione – mangiando appunto una pesca per la pace, mentre all’interno invece uno splendido disegno psichedelico riporta la triste scritta “Dedicated to a brother: Duane Allman” su di una pergamena al centro del paesaggio fiabesco.
L’album si compone di 10 tracce totali suddivise su due dischi in vinile ma vi è anche una versione deluxe su doppio CD del 2006 contenente altri brani estratti dalle serate al Fillmore East. L’eccelente ballata sudista “Ain’t Wastin’ Time No More” in cui la voce di Gregg è emotivamente segnata dalla grave lutto offre un bel sipario all’ascolto dell’album. La strumentale e vigorosa “Les Brers in A Minor” mette in mostra il valore di Betts spesso oscurato da Duane, in cui la debole psichedelia si trasforma in un impressionante groove guidato dal basso di Oakley. La lunga jam strumentale “Mountain Jam” riporta al blues la band, dove confesso che a tratti risulta forse noiosa se non fosse per il duetto Duane-Dickey, non me ne vogliano i puristi del genere. “One Way Out” di Sonny Boy Williamson eseguita al Fillmore dalla formidabile slide di Duane rappresenta anche un cavallo di battaglia e la cover blues più famosa della band (si diceva che la maledizione del brano avesse ucciso Duane…). Stesse sonorità anche per il brano “Trouble No More”, ottimo blues sudista con nette influenze jazz specialmente nel drumming. Scritta da Gregg e Dickey la rabbiosa e polistrumentale “Stand Back” in cui vi è spazio anche per le congas ed il pianoforte elettrico si lascia ascoltare volentieri mentre si fa ordine nella propria libreria musicale o ci si rade la barba in bagno ( lo so, ho tanti vizi…). Ma su tutti preferisco la dolce e stupenda “Melissa” che oltre ad essere la miglior ballata di Gregg è anche quella che più rappresenta il ricordo di Duane ( scritta prima della sua morte il brano cita verso la fine – Crossroads, will you ever let him go, Lord, Lord? Or will you hide the dead man’s ghost? – profezia? Mah…). Anche Dickey Betts, in cui canta per la prima volta, fa della sua “Blue Sky” un ottimo country-blues dedicato a sua moglie, dimostrando ancora una volta le sue doti di musicista. Chiude il disco il fantastico saggio di abilità chitarristica in stile bluegrass “Little Martha”, unico brano accreditato soltanto a Duane dove la semplicità e l’eleganza di esecuzione ne fanno il suo testamento spirituale.
Più di ogni altra cosa, Eat a Peach è un potente esempio di quanto versatile possa essere la Allman Brothers Band. Rappresenta il processo di ricostruzione della band dopo skydog, dalle jam di chitarra jazz alle ballate dalle tinte country alle cover blues grezze. Questo doppio disco presenta anche una band ecclettica composta da talenti stellari, registrati sia in studio che in concerto. Soprattutto, è un documento di quanto sia importante il talento che il mondo della musica ha perso con la scomparsa di Duane Allman. Disco da avere nella propria discoteca ideale, pena la radiazione dall’albo dei musicisti e degli ascoltatori seriali della buona musica.
Buon Ascolto