L’acqua come tutti noi sappiamo è fonte di sostentamento indispensabile per l’intero pianeta Terra, ma anche restringendo il campo alla Pianura Padana o persino alla sola città di Mantova questo elemento ha ricoperto e ricopre tuttora molteplici funzioni: ha rappresentato una barriera difensiva e una riserva alimentare, costituisce un’importante rete di comunicazione e ora ha un valore naturalistico e turistico. Mantova e la sua provincia in effetti sono strettamente legate all’acqua poiché sono bagnate addirittura da cinque fiumi: Po, Mincio, Oglio, Secchia e infine Sarca. Ed è proprio del concetto di fiume, del suo linguaggio e della sua funzione che tratterà questo evento, innovativo perché punta a sensibilizzare ogni singolo individuo sull’importanza che hanno questi elementi a livello globale. Il cambiamento climatico è un argomento di cui si sente spesso parlare ma ancora dibattuto nonostante siano ormai evidenti le condizioni assai problematiche in cui il nostro pianeta riversa da troppi anni. Ancora c’è chi crede che la situazione sia meno allarmante e che gli scienziati accentuino iperbolicamente la gravità dei dati e delle previsioni future, ma l’evidenza li smentisce: basta osservare la riduzione della biodiversità presente nei fiumi della Pianura Padana e la carenza idrica per comprenderlo, per quanto i corsi d’acqua continuino incessanti a fornirci servizi per noi indispensabili ed inestimabili. I temi che ruotano intorno a questo complicatissimo ambito sono molteplici. Per citarne alcuni, la sicurezza, la pulizia dell’alveo, la regolamentazione e il controllo dei flussi d’acqua, gli sbarramenti e la bacinizzazione. E’ necessario in questo contesto attuare una corretta gestione e cercare di sensibilizzare i cittadini, in modo che adottino uno stile di vita più consono così da far prosperare i nostri fiumi che sono d’importanza vitale. Dialogheranno su questi temi così interessanti e complessi Stefano Fenoglio, naturalista, professore presso l’Università di Torino, cofondatore del Centro per lo Studio dei Fiumi Alpini e divulgatore chiamato da programmi tv e giornali, Giulio Torri, geologo e collaboratore del Servizio Geologico Sismico e dei Suoli dell’Emilia Romagna per la modellizzazione tridimensionale del sottosuolo, consulente di molte ditte del settore come The It Group SRL, e Davide Persico, naturalista fondatore del Museo Paleoantropologico del Po, professore associato all’Università di Parma e autore di libri e articoli pubblicati su riviste internazionali.
Pensando al cambiamento climatico le immagini più comuni che ci vengono in mente sono i ghiacciai in Antartide che si sgretolano giorno dopo giorno oppure il fenomeno della desertificazione in espansione. Perchè parlare proprio dei fiumi?
È importantissimo perché i fiumi sono degli indicatori ambientali, soprattutto climatici,
estremamente importanti e reattivi: analizzando i dati strumentali come quello idrometrico, di portata e di temperatura delle acque si riesce a percepire benissimo il trend del cambiamento climatico in corso. Considerando delle serie di dati rilevati in un minimo di trent’anni, per esempio, questi trend emergono con chiarezza e la conferenza di stasera verte proprio sul fatto di mettere in evidenza i cambiamenti climatici e le loro conseguenza che stanno avvenendo nel nostro territorio, quindi portarli alla luce. Purtroppo i media parlano spesso attraverso immagini prefabbricate che provengono da luoghi troppo lontani per cui la gente, che purtroppo è anche un po’ assuefatta, percepisce questo tema come qualcosa di lontano da noi. In realtà queste evidenze ci sono nel nostro territorio ed è bene portarle alla luce.
Che ruolo giocano le amministrazioni locali (i Comuni) nella partita crisi climatica/attività dell’uomo?
Io (Davide Persico) sono sindaco del mio comune; il modo in cui vengono affrontati questi temi è molto individualista, non ci sono delle direttive generali e questo pone i Comuni in serie difficoltà. Si va un po’ alla rinfusa, secondo quelli che sono i sentori, le conoscenze individuali degli amministratori locali. Quello che secondo me andrebbe fatto è una presa di posizione importante da parte dei governi centrali o regionali, per dare direttive che indichino il modo migliore in cui procedere. Purtroppo questo non viene fatto, molti enti locali stanno operando bene procedendo con progetti PNRR di rinaturazione piuttosto che di risparmio energetico, mentre altri, magari soggiogati da politiche un po’ negazioniste, vanno in direzione opposta; questa disomogeneità non determina certamente un miglioramento.
Se voi poteste decidere ora un’azione a tutela dei fiumi e delle comunità da porre in essere subito e trasformarla in legge, cosa fareste?
Secondo me la cosa importante da fare potrebbe essere quella di regolare e misurare i prelievi. Noi abbiamo un enorme sistema di derivazione delle acque ma non c’è traccia di quanto, dove e come avviene la derivazione e questo ha ripercussioni nei tratti a valle. Se noi deriviamo troppo a monte ovviamente a valle resta meno acqua e questo influisce non solo, come spesso si pensa, sulla quantità di acqua ma anche sulla qualità perché gli scarichi e le sostanze contaminanti immessi non vengono diluiti e metabolizzati. I fiumi quindi sono sistemi lineari che devono essere gestiti a scala di bacino e in modo più quantitativo, armonizzando di più il sistema. In molte situazioni del nord-ovest ci sono consorzi che hanno dei diritti di derivazione ma non si riesce a misurare quanto effettivamente viene preso perché i diritti sono su scala decennale o secolare quindi legati ad un mondo che non c’è più: erano sostenibili con certi volumi di acqua ma attualmente non lo sono più. Un altro concetto riguarda, dal punto di vista geologico, la programmazione e pianificazione territoriale ovvero si è pianificato per decenni pensando che l’acqua fosse un problema e si è cercato quindi di farla scorrere il più possibile verso il mare. Questo è negativo per vari aspetti, soprattutto per i fiumi che si sono sempre più canalizzati, diventando monocorsali, e non hanno più avuto capacità di espandersi. Il fiume è un sistema benefico quando è lento perché si espande e così ricarica ad esempio le falde acquifere; più è lento meglio è, più è veloce più si vedono i danni. Il solo aspetto di costringere i fiumi all’interno di opere di difesa passive come argini, quindi manufatti idraulici da parte dell’uomo, causa la grave crisi vista negli ultimi eventi: la piovosità in un anno non cambia ma cambia nell’evento, cioè si concentra in pochissimo tempo, e le nostre reti idrauliche, idrologiche, idrogeologiche non sono in grado di smaltire queste ondate di piena.
[Emma, Maddalena e Valentina Palma]