Le piccole storie di Maria Vittoria Grassi
C’era una volta un re che aveva la mania degli orologi. Nella sua vita questo re, che si chiamava Rintocco (ma tutti, e non a caso, lo chiamavano Tocco) ne aveva collezionato migliaia: orologi da taschino, da polso, a cucù, pendole, sveglie, .. Era più forte di lui: quando vedeva un quadrante smaniava dalla voglia di impadronirsene e se lo prendeva. A volte li comprava e a volte, addirittura, li rubava… Il castello in cui abitava con la moglie, la povera regina Cassandra, rigurgitava di orologi ed era perennemente invaso da ticchettii, squilli di sveglie a tutte le ore, battere di pendole: un delirio di suoni ritmici e fastidiosi che facevano impazzire tutti. Ma lui no: re Tocco era raggiante e svolazzava di qua e di là, caricando suonerie, raddrizzando batacchi, muovendo le rotelle, correndo per scale e pianerottoli per controllare che nessun orologio fosse fermo e regolando ogni attività del castello in base agli orari. La colazione veniva servita quando le 47 pendole battevano le otto, alle 10, quando i 104 cucù facevano capolino dalle loro nicchie, si ricevevano ospiti e sudditi, a mezzogiorno si marciava a tavola al suono delle 71 sveglie del salone da pranzo … e così via fino a mezzanotte, quando il suono di 120 enormi orologi ben caricati segnalava il ritiro in camera. Una volta Tocco si era intestardito di comprare il campanile della chiesa, con il suo antico enorme quadrante, ma il parroco si era impuntato e così Tocco aveva dovuto accontentarsi di una fotografia d’epoca, che troneggiava su una torre del castello. Inutile dire che tutti i valletti, maggiordomi, cuochi e damigelle circolavano con i tappi nelle orecchie e che l’infelice regina Cassandra portava perennemente delle cuffie antirumore. Naturalmente questi accorgimenti, pur necessari, provocavano molti inconvenienti: nessuno capiva bene le parole degli altri e tutti finivano con l’urlare, il che rendeva l’andazzo del castello assolutamente caotico. Un giorno però, inaspettatamente, tutti i ticchettii, i rintocchi e i trilli si bloccarono all’improvviso e nello steso momento. Per un magico istante il castello risuonò di silenzio … e tutti si bloccarono. Re Tocco, inorridito, verificò che tutti gli orologi si erano fermati alle 18,30 e che nessuno ripartiva. Si affacciò alla finestra e si accorse che tutto sembrava bloccato: gli uccelli erano fermi in cielo, le piante immobili, le persone sospese in pose stranissime: chi con le gambe alzate in atto di camminare, chi fermo nel gesticolare, chi con la bocca aperta e chi con le mani alzate… Anche l’orologio del campanile era immobile con le sue grandi lancette dorate. Solo re Tocco sembrava fuori dall’incantesimo: poteva muoversi e camminare e parlare e ascoltare come sempre. E fu proprio ascoltando che si sentì in pace come mai si era sentito in vita sua. Nessun rumore, nessun ticchettio, nessun trillo di sveglie, nessun urlo sugli scaloni. Un silenzio meraviglioso e una pace assoluta. Cercò la regina Cassandra, che se ne stava immobile e triste con le sue cuffie seduta vicino al camino. Per la prima volta la vide davvero: gentile, paziente, infelice. Re Tocco si vergognò e l’abbracciò e, di colpo, tutto tornò a funzionare. I rintocchi e i ticchettii ripresero, le persone urlarono, la gente fuori ricominciò a camminare e gli uccelli a volare … Era stato un sogno o un incantesimo? Re Tocco non lo seppe mai perché si liberò all’istante di tutti gli orologi e non volle più saperne di orari e di misure del tempo. Anzi: tutto al castello si trasformò per lasciare posto a un piacevole disordine, in una normale confusione di parole e suoni. Ci fu anche qualche inconveniente, è vero, perché re Tocco passò da un eccesso all’altro e spesso si presentò a tavola nelle ore più impensate e restò a letto due giorni di seguito. Ma erano tutti più felici, la regina Cassandra si liberò delle cuffie e finalmente sorrise, e tutti capirono quanto potesse essere bello, in un mondo fatto di suoni e rumori, un perfetto silenzio.
Un caro saluto e alla prossima da Vittoria