La lezione è finita?

La lezione è finita?

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L’insegnamento nel corso dei secoli ha subito diversi cambiamenti. La pedagogia, disciplina sempre in evoluzione, è stata influenzata da diverse correnti di pensiero fino a giungere alla strutturazione attuale in cui si basa principalmente su studi scientifici di psicologia. Il rapporto maestro-alunno è stato inoltre enormemente riformato grazie ai movimenti studenteschi, a partire dagli anni ’70, per una scuola egualitaria e non classista. E si potrebbero citare poi tutte le scoperte nell’ambito delle neuro divergenze, dai DSA ai vari spettri dell’autismo, condizioni di diverse modalità percettive dell’ambiente e delle informazioni, che hanno condotto alla nascita di nuove figure di sostegno all’apprendimento, professionali e competenti. Questi rinnovamenti però potrebbe sostenere una svolta ancor più repentina nei prossimi anni a causa dell’intelligenza artificiale, sistema informatico in grado di simulare l’intelligenza umana attraverso l’ottimizzazione di funzioni matematiche. Internet e i social media avevano già modificato radicalmente l’accesso a nozioni e notizie, ma l’entrata nello scenario digitale di applicazioni quali ChatGPT, che possono generare risposte conversazionali di tipo umano di lunghezza, formato, stile e lingua desiderati dagli utenti, potrebbe avere enormi conseguenze per i sistemi educativi.

Ma come approcciare questi strumenti? È più consono un atteggiamento di apertura totale? Elaborare una seria e sperimentata regolamentazione? Oppure porre dei divieti? Si è interessato di tali quesiti, nella conferenza di MantovaScienza del 17 novembre, Luca Tremolada, giornalista, appassionato di dati e matematica che attualmente scrive di scienza, innovazione e tecnologia su Il Sole 24 Ore.

Al momento l’Italia ha approvato un flebile tentativo di conciliazione tra queste risorse e l’insegnamento. Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha annunciato l’avvio di un progetto che porterà l’intelligenza artificiale nelle aule di 15 classi italiane. La sperimentazione, della durata di due anni, coinvolgerà studenti di seconda media e di prima e quarta superiore. L’iniziativa si basa su uno studio del 1984 del professor Benjamin S. Bloom, che analizzò l’impatto degli assistenti in classe sui risultati degli studenti. L’obiettivo del Ministero, quindi, è replicare questi benefici sostituendo gli assistenti umani con quelli virtuali.

Chissà quali saranno i risultati di questi test e di tutti quelli che verranno proposti in futuro. Per ora è fondamentale che gli insegnanti siano informati riguardo tali innovazioni affinché, a seguito di una profonda conoscenza, possano comprenderne utilità e rischi. È proprio da essi che dovrebbe essere proferita una proposta di normativa di questi sistemi, data la loro esperienza con i processo cognitivi di bambine/i e ragazze/i. Qualsiasi divieto sarebbe concretamente impossibile e quindi dannoso. Ove infatti non via sia un ordinamento non si creerà sicuramente un equilibrio fisiologico, ma si propagherà solo un uso indisciplinato e spropositato.

Ricordiamo che questa conferenza è stata registrata e sarà seguibile sul portale di MantovaScienza.

[@Alessia Gialdi]

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