Black Tape For A Blue Girl
“Remnants of a deeper purity”, 1996 (Projekt)
Gothic
di Francesco Nunziata
“Tracce di una purezza più profonda”: possiamo tradurre così il titolo di questo disco dei Black Tape For A Blue Girl, che un solo aggettivo può definire appieno: immenso. E questo perché siamo di fronte a uno dei momenti più “abissali” di tutta la storia della musica, uno di quei momenti in cui tutte le possibili implicazioni terrene del nostro vagabondare assumono connotati più “originari”, e, per l’appunto, di una purezza più essenziale. Si ha come l’impressione che tra i meandri di questo sublime gesto artistico (in senso brechtiano), la musica ritorni alla sua unica verità: quella per cui essa diventa totalmente e assolutamente voce autentica del fondo oscuro e caotico che sostiene l’accadere inquietante dell’esistenza. Le composizioni di Sam Rosenthal, infatti, sembrano rivelare l’intensità e l’eternità del fuoco che si agita sotto la superficie apparentemente placida del reale. La forma canzone, allora, viene dissolta dal turbinio apocalittico di un formato musicale che deriva, per sintesi successive, dalla perfetta compenetrazione tra la sensibilità dark e l’austerità della musica classica da camera. Su questo canovaccio di base, si inseriscono le voci solenni di “cantanti” come Oscar Herrera e Lucian Casselman, meravigliosamente a loro agio in queste accecanti partiture d’ignoto.
Il punto più basso – nel senso di “profondo” – di questo rituale dell’assoluto e del misterioso lo si ha nei 26 minuti di “For You Will Burn Your Wings Upon The Sun”, una drammatica discesa, in 5 parti, nei labirinti dell’anima umana. In uno spazio desolato e arcano si diffondono i droni minacciosi delle tastiere, mentre il violino di Vicky Richards inizia la sua abbacinante danza sull’orlo del precipizio. Le voci dei due sciamani dell’assoluto imbastiscono un magma ipnotico di emozioni, prima di essere risucchiate dal vuoto cosmico. Anche il violoncello di Mera Roberts contribuisce ad aumentare il senso di debordante pathos che si respira un po’ dovunque.
La terza parte di questo delirio estatico spinge il grumo sonoro verso gli estremi più insondati dell’universo, in un vortice ancestrale fatto di imperscrutabili simboli divini, nella cui contemplazione si raccoglie “Wings Tattered, Fallen”, un esercizio di ambient dai sottili connotati mistici. L’incanto magniloquente di “Redefine Pure Faith” si chiude con una tenera sonata per pianoforte, preludio alla dolcezza venata di tragedia di “Fin De Siécle”. “With My Sorrows” è un’altra grande prova vocale di Herrera, mentre “Fitful” ripropone bagliori cosmici con tanto di voce (Casselman) “trattata”. L’unico brano che si avvicina alla forma-canzone tradizionale è la title track, anche se in un modo del tutto particolare. Le dolenti note di piano di “Again, To Drift (For Veronika)” rinsaldano, invece, i non tenui legami con certe cose della new-age più trasognata. A questo punto, non resta altro che il minimalismo di “I Have No More Answers”, in cui la Casselman raggiunge una delle punte più alte del suo declamare sofferto. La lunga coda fatta di droni e di echi soffusi è lo spazio aperto sulla radura del mondo, osservato senza pregiudizi e senza paura, ma con una mestizia infinita, e senza redenzione alcuna.
La filosofia “negativa” di Rosenthal ha trovato il suo corrispettivo artistico più intenso in questi 77 minuti di indelebili emozioni, confermando, tra l’altro, il vecchio assioma secondo cui l’arte è la sola cura capace di porre rimedio alla malattia dell’esistenza. La caduta nel tempo – di cui parlava Cioran – ha sì condannato l’uomo all’esperienza della propria fragilità, ma, di rimando, gli ha conferito anche la possibilità di poter sondare il suo mistero, in vista di un tentativo chiarificatore dell’arcano della vita. Questo tentativo, destinato al fallimento proprio perché condotto da un’ottica umana e, quindi, “finita”, ha il suo momento cardine nell’attimo della creazione, il cui unico scopo è quello di lasciare che la Verità si dia come “evento”, e che, dunque, sia accessibile all’uomo (anche se solo per pochi, infinitesimali attimi…). Di tutto ciò, “Remnants Of A Deeper Purity” è esempio lampante, maestoso, indimenticabile.