Sepultura “Arise” (1991)

Sepultura “Arise” (1991)

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Sepultura
“Arise”, 1991 (Roadrunner)
Trash metal, death metal

di Marco Caforio

Spulciando nell’ormai lunga ed articolata storia della musica heavy “estrema”, si possono rinvenire pochi album, dotati di status talmente leggendario ed intoccabile, da mettere d’accordo tutti i metallari -categoria notoriamente incline al distinguo polemico ed alla estenuante puntigliosità.
Uno di questi è senza dubbio “Arise”, quarto capitolo di una band, molto semplicemente, in stato di grazia assoluta. La marcia discografica dei Sepultura, in effetti, sembrava allora inarrestabile: ad ogni release aumentavano consapevolezza nei propri mezzi, qualità di songwriting, tasso tecnico… e padronanza dell’idioma inglese (chiunque si sia soffermato sulle lyrics del debut “Morbid Visions” saprà bene a cosa io mi riferisca); il tutto, si badi, senza rinunciare all’intensità ed violenza sonora che la band carioca sapeva sprigionare come pochi(ssimi) altri.
Basta posare le orecchie sul leggendario incipit della title track per rendersene conto: quel riff mastodontico, in grado di imprimersi in modo indelebile nella corteccia cerebrale dell’ascoltatore, certifica, al tempo stesso, l’ulteriore step di crescita della compagine dei fratelli Cavalera, e la volontà di rimanere, per ora…, devoti a quella esplosiva miscela sonora a cavallo tra death e thrash metal.
Miscela che, già a partire dal successivo “Chaos A.D.”, peraltro ennesimo capolavoro a parere di chi scrive, inizierà un progressivo, ma inesorabile, processo di mutazione, che condurrà i Sepultura verso lidi più prossimi alla musica tribale e, più tardi ancora, all’hardcore.
Eppure, dai solchi di “Arise” nulla di tutto ciò emerge, neppure in via indiziaria: episodi spaccaossa come “Dead Embrionic Cells” o “Murder” riuscirebbero a far scapocciare anche un bonsai (grazie anche ad una produzione che suona sublime ancor oggi), mentre spetta ad episodi più elaborati come “Desperate Cry” o “Under Siege (Regnum Irae)” certificare la progressione artistica di una compagine che aveva letteralmente tutto per dominare le scene metalliche del successivo ventennio.
Purtroppo sappiamo bene che, a causa dei dissidi interni e delle incomprensioni fra una parte della band e la moglie del leader Max Cavalera, ciò non è avvenuto.
L’inevitabile rimpianto per quello che sarebbe potuto essere, tuttavia, nulla toglie alla grandezza di “Arise”, indelebile testimonianza di un’epoca gloriosa per la musica metal.

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