
Buona giornata agli ascoltatori di Radio base da Maria vittoria Grassi per questo appuntamento con il tempo delle radici.
Oggi ci occuperemo di riti lontani e vicini del tempo della Pasqua, la solennità Pasquale fissata dal Concilio di Micea nella prima domenica dopo il plenilunio dell’equinozio di primavera è destinata a cadere tra il 22 Marzo e il 25 Aprile, e si prescrive per la precisione né dopo la festa di San Marco ne prima della festa di San Benedetto.
L’arrivo della Pasqua è sempre stata, in qualche modo, gradito, e coincide col risvegliarsi della natura e con l’incedere della primavera.
Pasqua, “vengla alta vengla bassa, l’è ben viva con la frasca”: Pasqua in qualunque tempo arrivi si porta il fiorire delle frasche, in particolare le frasche verdi e fresche dell’ulivo offerto, benedetto, la domenica delle Palme.
Un tempo, come forse alcuni ascoltatori ricorderanno, nei primi tre giorni della settimana Santa, o il pomeriggio del sabato, il prete andava a benedire le case e “ioff”: le uova, poi la sera del mercoledì i riti suggestivi del fuoco: si brucia il vecchio olivo e qualche ramo di pioppo davanti alla chiesa e, da questo fuoco benedetto e purificatore, nelle campagne si usava raccogliere qualche carbone da aggiungere a quelli dei focolari domestici come rito propiziatorio contro gli incendi o altre sventure familiari.
Finalmente, dopo i giorni della preghiera e della processione, durante la messa solenne della Pasqua, si slegano le campane ad annunciare la resurrezione; rimane tuttora l’usanza di bagnarsi gli occhi, sia per simulare lacrime di gioia, sia per preservare, secondo la credenza popolare, gli occhi dalle malattie così tutto finiva in gloria: agnoli “bevrinvin”, bolliti, faraona arrosto, agnello, colombe fatte in casa, uova che facevano almeno per il giorno della domenica, dimenticare la tristezza della Quaresima e le difficoltà di ogni giorno.
La Pasqua, dunque, finiva per diventare, almeno fino a cinquant’anni fa ,il traguardo di un lungo cammino fatto di privazioni e di attesa in cui si mescolavano, come spesso accade, autentici slanci di fede e piccole superstizioni ereditate dal passato.
Oggi, la Pasqua, per lo più sentita come uno dei tanti appuntamenti festosi che la liturgia regala ai fedeli e non, dopo gli uggiosi giorni dell’inverno, riti e consuetudini hanno perso per lo più, quando ancora permangono, il loro significato.
Non rimpiangiamo certo il buon tempo passato ma, forse, varrebbe la pena di usare l’autenticità di certe tradizioni lontane, per riflettere sul presente.