Dress code nelle scuole mantovane
Buon giovedì codificato
Chi ha avuto modo di lavorare, o di dover lavorare in Inghilterra, sa che non può andare vestito come gli pare.
Quasi ovunque, soprattutto in uffici, studi e ministeri, esiste un dress code, un codice di abbigliamento, che indica come “non” devono essere vestiti sia gli uomini che le donne.
Per fare prima, non viene detto cosa indossare ma con cosa non abbigliarsi .
Il jeans, ad esempio, che da noi viene proposto da diversi stilisti anche sotto una giacca fatta su misura, è vietato, sopportato a malapena se si è un visitatore temporaneo, vietato se si diventa un dipendente o anche un contractor in quegli uffici.
In questi giorni, Nicola Corradini, sulla Gazzetta di Mantova, ha avviato una serie di considerazioni sull’abbigliamento degli studenti delle scuole superiori, invitati, da alcuni presidi, ad avere un abbigliamento consono alle aule; abbigliamento che deve essere diverso da quello che si userebbe su una spiaggia assolata fatto di infradito, bermuda o jans a vita ultrabassa col “taglio dell’angelo” in vista.
In quasi tutto il mondo, le scuole, e non solo i college, impongono una divisa, noi italiani, più fantasiosi e colorati, abbiamo abbandonato il grembiule nero dai primi anni sessanta ed ora siamo prevalentemente multicolori e a volte monotematici, legati alla moda del momento.
È un problema quello di come una persona si abbiglia?
Credo di si, perché è innegabile, che quando, ci si presenta a un colloquio di lavoro, quasi tutti si cerca di arrivarci non sciatti, trasandati o messi male.
Perché si sa che l’abito non fa il monaco, però…
A risentirci domani. Grazie.
@robertostorti