Sacre Reliquie dei Gonzaga

Sacre Reliquie dei Gonzaga

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a cura di Maria Vittoria Grassi

Andar per Mantova 27 maggio

Buona giornata alle ascoltatrici e agli ascoltatori di RadioBase da Maria Vittoria Grassi e ben trovati a questo nuovo appuntamento con Andar per Mantova.
Continuerò e completerò oggi il discorso sulle reliquie che ho cominciato nella scorsa trasmissione. Mi è mancato anzitutto il tempo di ricordare che esiste e vale la pena di contemplare, al Museo Diocesano, in piazza Virgiliana, tra altri magnifici manufatti, il reliquiario – urna di S. Barbara, un reliquiario acquistato a Venezia e donato da Vincenzo I Gonzaga perché, nella chiesa palatina di Santa Barbara, accogliesse preziose reliquie visibili a tutti i devoti, sotto l’altare. E’ un capolavoro in ebano, argento e cristallo in cui, in relazione alle diverse feste liturgiche, erano esposte ai fedeli mantovani varie reliquie, in particolare quella del Preziosissimo Sangue di Cristo, che ho già ricordato come fu nel 1876 trasferita e conservata nella cripta di Sant’Andrea. Ma la nostra conversazione di oggi servirà, in modo più leggero, meno serioso, a bighellonare tra le curiosità, per fermarsi sul fenomeno antico e non solo mantovano, della collezione delle Sacre Reliquie, che i Gonzaga, come tanti, coltivarono con grande assiduità. Non sto certo parlando della Reliquia del Lateral Sacro Sangue di Cristo, che i mantovani venerano nei Sacri Vasi di Sant’Andrea. Questa Reliquia infatti, ha un suo fondamento storico e religioso e quindi certo non ha niente a che fare con il “”collezionismo”” di Reliquie che nell’antichità era una vera e propria mania. Le chiese, i monasteri, le cappelle, persino i palazzi e le case private si contendevano il privilegio di acquistare e possedere qualche sacra reliquia, che poi, in genere, veniva fabbricata, in base alle richieste, con fantasia e sollecitudine, e venduta a caro prezzo. E, per venire a noi, i Gonzaga ne comprarono e ne conservarono moltissime, alcune strampalate e improbabili, come frammenti d’ossa, capelli, legni di croce, pannolini di Gesù. Altre reliquie erano più rispettose del culto, ma, insomma, sempre oggetti di evidente falsità, per i quali a volte venivano fabbricate teche preziose e reliquiari di finissima fattura. E più reliquie si possedevano più si allargava la fama dei Signori, in questo caso dei Principi di casa Gonzaga. Spesso l’acquisto delle Reliquie richiedeva scambi, viaggi, contrattazioni, e i preziosi cimeli venivano spediti da luoghi anche lontanissimi, per lo più da Costantinopoli, che era diventata una specie di capitale di “”falsi”” disparati e apprezzatissimi: ossa, denti, dita, vestiti, gambe, cose che venivano poi accolte e adeguatamente esposte. Le reliquie accumulate dai Gonzaga erano così numerose che un inventario del 1600 ne elencava, solo per le quattro principali chiese della città, più di cinquecento. Ne trascrivo e vi leggo un eloquente elenco tra le più curiose. Nella Cattedrale di S. Pietro (il Duomo): veste, corona e veste purpurea di Gesù; camicia della Beata vergine; berretta di San Tommaso d’Aquino. Nella Chiesa palatina di Santa Barbara: due spine della corona di Cristo; il latte della Beata Vergine; capelli della Beata Vergine; una costola e una mascella di Santa Barbara; un dito di Santa Maria Maddalena; un orecchio di San Giovanni Battista, un dente di San Paolo Apostolo. Nella chiesa di S. Francesco: la mensa dell’ultima cena; tenaglia con cui furono tolti i chiodi dal Corpo di Cristo; frammenti dei pani del miracolo di Gesù; bastone di Mosè; braccio o gamba di S. Lorenzo; grasso colato dalla graticola di S. Lorenzo. Tutto questo tesoro di reliquie, accumulate nel tempo, fu in gran parte disperso e distrutto dopo il 1630, dopo la caduta del ducato di Mantova e dopo le varie dominazioni che si susseguirono nel territorio. Alcune strane Reliquie rimasero ma, dopo il Concilio, il vescovo Poma di Mantova provvide ad una definitiva eliminazione.

Bene, concluso il discorso sulle reliquie, voglio lasciarvi oggi con qualche tradizione e proverbio relativo al passaggio tra maggio e giugno, una specie di spartiacque tra la primavera e l’estate, caratterizzato dalle feste religiose di Ascensione e Pentecoste. E’ un periodo molto importante per l’agricoltura del nostro territorio, quando è imminente il raccolto e particolarmente temuto l’arrivo di temporali e grandinate. Non è inusuale in realtà in questo periodo, come raccontano le cronache di una volta, l’arrivo di piogge anche torrenziali, come il cosiddetto piualòn dla Sensa, cioè il temporale dell’Ascensione. Sulla base di questi timori era usanza tra i contadini mettere fuori dalla porta almeno un uovo deposto la mattina dell’Ascensione e conservare altre uova dello stesso giorno per scongiurare altre eventuali piogge successive. Qualche proverbio:
Fino all’Ascensione non lasciare il tuo giubbone
Se piove per l’Ascensione piove quaranta giorni buoni
Se piove per Pentecoste tutte le entrate non sono nostre
L’acqua di giugno scaccia il pane dal forno
In giugno o in bene o in male c’è sempre un temporale.

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