a cura di Maria Vittoria Grassi
Andar per Mantova 20 maggio
Partirò, nell’odierna trasmissione, dall’eco che in questi periodi sta avendo l’ostensione a Torino della Sacra Sindone, il prezioso telo di lino che molti, e non solo credenti, identificano con il lenzuolo che avvolse il corpo di Cristo dopo la crocifissione. Non mi soffermerò su questo argomento ma voglio riprendere, sulla scorta di una notizia che non conoscevo, il discorso già più volte proposto della Reliquia del Preziosissimo sangue di Cristo custodita nei Sacri Vasi della Basilica di Sant’Andrea. La notizia per me nuova è che anche a Torino esiste nella chiesa di santa Maria Ausiliatrice un frammento della nostra Reliquia del Preziosissimo sangue, donata da Mantova e adeguatamente esposta e venerata. Riassumerò ancora una volta le vicende della Reliquia mantovana, aggiungendo qualche approfondimento perché spesso ci si rende conto che c’è sempre molto da scoprire e da riscoprire anche su argomenti che crediamo del tutto noti. Come sappiamo la presenza della Reliquia fu elemento importantissimo, nei secoli, per fare di Mantova una città, una diocesi, un punto di devozione e pellegrinaggio, un centro abitato conosciuto e popolato. Secondo la leggenda sarebbe stato un soldato romano, Longino, a recare a Mantova le reliquie, la terra imbevuta del Sangue e la spugna con cui aveva dato da bere a Cristo agonizzante. (In realtà anche il nome di questo soldato è sconosciuto, perché, semplicemente, Longino significa Dotato di lancia, quindi gli fu attribuito un nome generico, che ne definisse il gesto con cui è rimasto famoso). Longino sarebbe giunto a Mantova nell’anno 36, qui avrebbe predicato la parola di Gesù e convertito molte persone, per essere poi decapitato il 2 dicembre del 37 (per alcuni molto più tardi, nel 44 o nel 45) nella zona dell’attuale via Gradaro, in cui si trova ancora un vicolo che lo ricorda, col nome di Cappadocia, regione da cui appunto Longino sarebbe venuto. A sua memoria papa Pio II fece collocare nel luogo del martirio una colonna e una lapide, conservate oggi in Palazzo Ducale.Dopo la morte di Longino, nel 45, per molti secoli si persero le tracce delle reliquie finché, nell’804, sempre secondo la leggenda, l’apostolo Andrea comparve in sogno ad un fedele mantovano e gli rivelò miracolosamente il luogo della sepoltura (prima inventio). Là dove la preziosa cassetta fu ritrovata, fu costruito un piccolo oratorio dedicato a Sant’Andrea (nel luogo dove sarebbe stato edificata prima una grande Abbazia benedettina e poi la Basilica di Sant’Andrea). La notizia che a Mantova era custodita questa reliquia ebbe tanto clamore che l’allora papa Leone III fu chiamato a verificarne l’autenticità. Nel 923, tuttavia, quando Mantova fu invasa dagli Ungari, i cittadini, temendo il saccheggio, interrarono nuovamente la reliquia e di nuovo se ne persero le tracce. Nel 1048, quando Mantova era dominata dai Canossa, fu, sempre miracolosamente, ritrovata (seconda inventio) ed esposta al culto dei fedeli. Se qualcuno degli ascoltatori avesse la curiosità di ritrovare l’immagine di questo secondo ritrovamento, lo potrà fare recandosi in Sant’Andrea nella cappella di Longino, terza a destra della navata, dove è rappresentato, in un bell’affresco della scuola di Gulio Romano, proprio il momento in cui la reliquia viene fatta emergere dal terreno, alla presenza della folla dei fedeli, del vescovo e di una donna inginocchiata a mani tese che si dice essere Beatrice di Canossa, madre di Matilde. Ma le vicende della Reliquia non erano finite. Essa era oggetto di grande venerazione non solo a Mantova: la sua fama si era diffusa in tutta Europa, tanto che una piccola parte fu portata a Roma da Papa Leone IX e un’altra, donata all’imperatore Enrico III, arrivò in Baviera, al monastero di Weingarten, che ancora oggi ne custodisce solennemente il culto. Dopo la costruzione della Basilica, la reliquia fu accolta nel secolo XVI in due bellissimi Reliquiari, detti Sacri Vasi, opera di Benvenuto Cellini. Nel 1848, però, al tempo della dominazione austriaca , la Basilica fu invasa e saccheggiata dai soldati del reggimento austro – ungarico che vi si erano accampati. Non fu possibile trasferire altrove i preziosi reliquiari d’oro sia per la rapidità dell’arrivo dei soldati sia perché per una sfortunata coincidenza era morto il costruttore e conoscitore del complesso meccanismo di chiusura a cinque chiavi della custodia dlla cripta. Come riferiscono le cronache, il 4 aprile 1848 il comando austriaco si impossessò della chiesa, cacciando via i fedeli e gli ecclesiastici e per quindici giorni, senza che ci fosse la possibilità di intervento da parte dell’autorità vescovile, all’interno della chiesa si saccheggiò, e si rubò. I Sacri vasi, come tutti gli altri oggetti di valore, vennero fatti a pezzi e venduti e le Reliquie disperse per sempre. L’imperatore austriaco Francesco Giuseppe, per risarcire la città di Mantova del saccheggio, fece realizzare a sue spese i Sacri Vasi che tuttora sono custoditi nella cripta della Basilica e che sono opera di un famoso orafo milanese, Giovanni Bellezza. I nuovi reliquiari, realizzati nel 1876 in oro massiccio, ospitarono altre parti delle Reliquie che, fortunatamente, erano state conservate in Duomo e nella basilica palatina di S. Barbara. La spugna originaria portata da Longino fu perduta per sempre. Il 25 maggio 1876, giorno della festa dell’Ascensione, (il giorno in cui anticamente si esponeva la reliquia alla devozione di fedeli) i due nuovi Sacri Vasi furono collocati nella cripta della Basilica. Gli attuali Sacri Vasi, che lasciano intravedere la Reliquia in due piccole urne di cristallo, portano nel sottopiede un’iscrizione latina incisa su lastra d’argento dorato che ricorda la profanazione dei sodati austriaci e il doveroso atto riparatorio dell’imperatore d’Austria.
A proposito dei Sacri vasi della Reliquia, che i mantovani sono abituati a venerare il giorno del venerdì santo, voglio ricordare che gli originari vasi del Cellini erano forse meno raffinati degli attuali ma più compatti e di gusto più semplice. Se qualcuno di voi ascoltatori ne volesse ritrovare e verificare la forma, può rintracciarne le immagini in parecchi punti della Basilica, ad esempio in alto, sopra la cappella dell’Immacolata (seconda di sinistra) o sulle lesene che reggono la mensa dell’altare maggiore. E per il credente che volesse avere un preciso e immediato percorso di simboli della fede a partire dalla Reliquia custodita nella cripta, tracci idealmente una linea verticale, dal luogo sotterraneo in cui si trovano i reliquiari alla parte centrale dell’ottagono in marmo che, sopra la cripta, nella basilica, è circondato da una balaustra. Questa impedisce appunto di camminare nello spazio che, nella cripta sottostante, corrisponde ai Reliquiari. E infine, se dall’ottagono, che rappresenta il giorno della Pasqua e Resurrezione, si alza lo sguardo, in linea verticale, si arriva al punto più alto e centrale della cupola, dove è raffigurata la colomba dello Spirito Santo, la conclusione della gloria di Dio.