Una storia, una curiosità, un avvenimento da ricordare
Almanaccando
Marc Chagall moriva a 97 anni un 28 di marzo. Ora, uno sente o legge il nome Chagall e, anche se non conosce le lingue, gli viene da pensare alla Francia, perché con quell’accento tipo Pigalle o Chantal o L’Oréal dà una sensazione francese. E invece Chagall era un ebreo nato in Russia, il cui vero nome era Mark Zacharovič Šagalov. Però è vero che, appena ebbe qualche rublo in tasca, se ne andò a Parigi, dove c’era più giro e dove abitavano tutti gli artisti fichi di quel periodo. Un po’ come fanno oggi le ragazzine che vogliono far carriera nello spettacolo e nella moda, che se ne vanno a Londra o New York, cambiandosi magari anche il nome, tipo che una Loretta Manzo mi diventa Lauryn Bullock, che fa più stiloso. Chagall quando dipingeva raccontava quasi delle favole, prendendo spunto dalla tradizione russa e da quella ebraica. A volte metteva anche Gesù nelle sue tele, e non ci si deve stupire più di tanto, visto che Gesù era ebreo pure lui, ma se oggi lo dici in giro ti guardano male, come se dicessi una puttanata. Comunque, come nelle favole, nei quadri di Chagall c’è un mondo di fantasia, onirico, dove tutto è mescolato insieme. Non c’è più distinzione tra cielo e terra, tra sogno e realtà, tra il dritto e il rovescio. Ecco che i violinisti sono dei giganti alti più dei tetti o come i campanili, oppure piccoli piccoli che li scambi per uccelletti; e che gli animali parlano e suonano il contrabbasso; e che la gente galleggia nell’aria. Ce n’è uno, per esempio, in cui due amanti volano e si baciano: in effetti l’amore a volte fa volare dalla gioia e, se ti chiedono come stai, rispondi: “”sto una favola””.
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