Un saluto e bentrovati a tutti gli ascoltatori!
Il Novellino, una raccolta di novelle toscane scritte nel medioevo, racconta di un povero saraceno che, non avendo null’altro da mangiare se non una pagnotta, si accostò alla pentola fumante di un venditore di strada tenendo il pane in mezzo al fumo in modo da dargli un po’ di sapore di quei cibi che si stavano cucinando. E inebriato così il pane di quel fumo che usciva e saliva dette dei bei morsi al suo pane e consumò il suo pranzo. Il cuoco, che quel giorno non aveva venduto granché, si sentì offeso e infastidito da quel povero saraceno e pretese di essere pagato, sostenendo che il fumo, essendo prodotto dal cibo che lui aveva preparato, era sua proprietà. Si misero a litigare e la disputa fu portata davanti al sultano, che riunì i saggi di corte e ne ascoltò i pareri: qualcuno sostenne che il fumo non era da considerarsi parte integrante del cibo, perché svaniva e non nutriva; altri invece dissero che era tutt’uno con la sua sostanza, essendone generato. Dopo averli ascoltati, il sultano arrivò alla sua decisione. Consegnò al povero una moneta e gli ordinò di farla cadere in terra, e al cuoco disse che il tintinnio di quella moneta dovesse essere la sua giusta paga.
La novella, che nasconde in sé un’interessante disquisizione filosofica, considera il fumo come trasportatore di profumi e di aromi, anche se esso non solo li trasporta ma in certi casi li genera pure. Così succede nei processi di conservazione dei cibi quando questi vengono affumicati, al fine di prosciugarli e di eliminarne l’umidità che li farebbe deteriorare.
L’affumicatura è una dei più antichi metodi di conservazione degli alimenti, se non addirittura il più antico. Molto probabilmente questa tecnica è nata quando gli uomini primitivi hanno scoperto che i pezzi di carne che venivano appesi nelle caverne ed erano esposti al fumo dei fuochi accesi per riscaldare si conservavano più a lungo e avevano un sapore più gradevole.
Oggi l’affumicatura ha fra i suoi obiettivi, oltre all’allungamento dei tempi di conservazione dei cibi, che comunque ormai è questione marginale, soprattutto quello di migliorare l’aspetto e donare un aroma caratteristico a tutta una serie di prodotti alimentari. Gli alimenti, in specie carni, pesci e formaggi, vengono esposti all’azione combinata del calore e del fumo, entrambi sprigionati da un’incompleta combustione di particolari tipi di essenze aromatiche, quali il faggio, il ciliegio (da molti considerato il legno da affumicatura per eccellenza), la quercia, l’arancio, il melo, il frassino, il gelso e il noce.
Uno degli alimenti affumicati più celebri è il salmone. Esiste un facile metodo casalingo per la sua affumicatura. Prima di tutto occorrono dei filetti di salmone freschissimo; poi dovete procurarvi dei rametti secchi di erbe aromatiche, come rosmarino, salvia, timo, origano, alloro. Inoltre vi servirà la pellicina dell’aglio che aumenterà l’aroma del vostro prodotto finale. Il processo di affumicatura che vi spiego avviene in forno. Dopo aver inserito la griglia nella parte media del forno, adagiateci sopra i filetti di salmone. Mi raccomando, devono essere freschi e non surgelati, più fresco è il pesce e migliore sarà il risultato. Prendete poi una ciotola di ceramica e foderatela con l’alluminio, badando che la parte lucida sia rivolta verso l’esterno. Posizionate quindi i rametti di erbe aromatiche dentro la ciotola, insieme a qualche pezzetto di carta. Accendete il fuoco, senza soffiare e facendo attenzione a non far ingrandire troppo la fiamma. Quando una piccola brace si sarà formata chiudete lo sportello del forno. Potete accendere un paio di volte i legnetti se volete sviluppare un fumo più intenso. Tutto il processo deve durare almeno quattro ore, organizzatevi quindi di conseguenza. Il salmone così affumicato può essere consumato subito così com’è, oppure cucinato seguendo una delle varie ricette che lo vedono protagonista.
Buon appetito e a risentirci la settimana prossima!
@Convivium_RB