La Bibbia in tavola
Un saluto e bentrovati a tutti gli ascoltatori!
C’è chi sostiene che la Bibbia sia il primo e il più gran libro di cucina mai scritto. Affermazione certo azzardata ma non priva di capisaldi. Nell’Antico Testamento, infatti, vengono citati più di un centinaio di pietanze e ricette, alcune minuziosamente descritte, altre solo accennate.
Se si escludono i sacerdoti, la cui dieta comprendeva costantemente la carne, quella biblica è una cucina principalmente vegetariana, se non addirittura vegana. Gli agricoltori e i pastori della Bibbia non uccidevano i loro animali per preparare i pasti. Nel testo sacro solo tre sono le circostanze in cui la carne doveva essere mangiata: il matrimonio e gli eventi familiari molto importanti, la pasqua e il capodanno. Un caso ulteriore era quello in cui l’animale stava per morire e l’unico modo per salvaguardarne il valore era ucciderlo prima che la malattia rendesse inutilizzabile anche la carne.
Alcuni di questi piatti della tradizione biblica appartengono ancora oggi al patrimonio culinario del Vicino Oriente. L’elenco degli ingredienti citati nei vari libri testamentari sono quasi tutti reperibili e le descrizioni dei cibi restituiscono un’idea assolutamente replicabile di quelle antiche tavole. Troviamo, per esempio, il timballo di carne e verdure, lo stufato di montone, quello di manzo con le olive, lo spezzatino di vitello maggiorana e zucca, la carne salata, il pesce alla griglia, la crema di zucca, le frittelle, il pane con l’uva passa, la focaccia di fichi freschi e mandorle, la composta di uva passa e pistacchi, la frittata di cipollotti, il bollito misto, la macedonia, l’insalata di orzo e frutta, l’insalata di verdure allo yogurt, diversi tipi di pane, la minestra di fave e miglio e, immancabile, la minestra di lenticchie.
Ogni piatto finora citato è ovviamente associato a episodi narrati nella Bibbia. Ed è dell’ultimo, la minestra di lenticchie, che voglio ricordare la vicenda tratta dal libro della Genesi. Una storia familiare con la quale Esaù, figlio di Isacco, vende la propria primogenitura al fratello Giacobbe.
Esaù è un giovane forte e un abile cacciatore. Giacobbe invece è mingherlino e preferisce rimanere nella tenda a fare compagnia alla madre. Un giorno Giacobbe ha cotto una minestra di lenticchie. Esaù arriva dalla campagna stanco e affamato. Dice al fratello: – Lasciami mangiare un po’ di questa minestra, perché sono sfinito. Giacobbe approfitta della circostanza e dice al fratello: – Ti darò di questa minestra, se tu mi cedi subito la tua primogenitura. Esaù, sotto i morsi della fame, accetta lo scambio, vendendo così il proprio diritto al fratello per un piatto di minestra di lenticchie.
Ecco allora la ricetta della minestra di lenticchie di Esaù, che qualcuno ha definito come “minestra del desiderio e della fame”.
Ingredienti: 250 grammi di lenticchie rosse secche, 2 litri d’acqua, 1 cipolla, 1 spicchio d’aglio, 125 grammi di zucca, mezzo cucchiaino di cumino e 4 cucchiai di olio extravergine di oliva, sale quanto basta.
Preparazione: dopo aver sciacquato le lenticchie mettetele in un tegame con abbondante acqua fredda e portate a ebollizione. Togliete la schiuma che si formerà e aggiungete quindi l’aglio e la cipolla tritati, la zucca a cubetti e il cumino. Salate e fate ancora bollire lentamente per un’altra mezz’ora, mescolando di tanto in tanto. Se alla fine vorrete incrementarne la densità schiacciate con una forchetta i pezzetti di zucca. Servite infine con un giro d’olio a crudo.
Buon appetito e a risentirci la settimana prossima!
@Convivium_RB