storie, tradizioni, curiosità, lontane nel tempo
Andar per Mantova 11 Febbraio
Oggi approfondiremo un po’, con l’aiuto di alcune pubblicazioni e di documenti, la tavola dei potenti, sulla scorta di quanto abbiamo già cominciato a dire sulla situazione alimentare “”prima del frigorifero””. Parliamo ovviamente, trattandosi di Mantova e dei potenti, dei Gonzaga, ma dei Gonzaga a partire dal secolo XV. quando cioè la dinastia aveva ormai radici ben solide e si faceva sempre più raffinata. Se avete occasione di visitare a Palazzo Te la camera di Amore e Psiche, potete ammirare un magnifico affresco, con una scena di banchetto che vi chiarirà anche la magnificenza di servizi, tovaglie, cibi e servitori… Attraverso le lettere inviate dai paesi del Mantovano alla Corte, abbiamo notizia d’alcuni prodotti che il Marchese Ludovico II importava in città: meloni, salumi, zafferano, lingue, vino … Si ricordano anche spesso, in queste lettere, i luoghi della pesca (Valli di Viadana tra Po e Oglio) con “” persici, storioni, e pesce vario “”e i boschi e le isole sul Po, dove il Marchese amava andare a caccia d’aironi, fagiani, quaglie, tordi, ecc..
La tavola di questi principi era dunque certamente fornita d’ogni ben di Dio, così come, in base ai documenti, doveva essere stata straordinaria l’organizzazione della loro cucina. Anzi partiamo proprio dalle funzioni e dall’importanza dei servitori perché le persone che si avvicendavano nell’organizzazione della mensa erano moltissime e ciascuna con un suo ben preciso compito. I personaggi di maggior rilevanza, quelli chiamati a sovrintendere tutto e tutti, erano il Maestro di casa e, per la tavola, lo Scalco maggiore. Il Maestro di casa, come un maggiordomo assoluto, era il responsabile di tutti i servizi relativi al buon andamento domestico. Dopo di lui veniva, importantissimo, lo Scalco maggiore, colui che presiedeva al servizio di tranciavivande, cioè il responsabile della mensa in generale e del servizio in tavola. Alle dipendenze di queste figure stavano una moltitudine di persone, addette alle mansioni più varie ma tutte finalizzate ad un particolare settore della cucina e della tavola, dal Trinciante, che controllava il taglio delle carni, al Canevaro, addetto alla cantina (caneva), a chi si occupava della biancheria da tavola (Drapperia), ai Lavapiatti, alle Lavandaie, ai Garzoni, ai facchini, agli sguatteri … E poi Cuochi, Pasticcieri, Voltarrosti, Bottiglieri, Credenzieri, … In questo senso la Corte dei Principi appare come un vero piccolo esercito ben organizzato, più complesso di un odierno complesso alberghiero.
Quanto alla figura del Cuoco, che oggi assume fondamentale importanza nelle cucine, tanto da risultare spesso vitale per il successo di un ristorante, di un albergo, di una mensa, ai tempi dei Gonzaga in realtà aveva un compito abbastanza umile, limitato alla preparazione delle vivande richieste, al controllo dei servi addetti alla cucina e al rispetto assoluto delle direttive del Maestro di Casa, dello Scalco e, a volte, della Marchesa in prima persona. Dice in proposito un documento:
“Che li Cuochi della Cucina di Sua Altezza non si habbino né devino in modo alcuno ingerirsi in altro che a fare le vivande ordinate et stare in Cucina …”.
E il numero e gli orari dei pasti? Nella normalità delle occasioni (non in feste e banchetti) come ci dice lo studioso G. Malacarne:
“ due pasti al giorno, di cui il principale, il pranzo, entro le odierne dodici ore, mentre la cena, che concludeva la giornata, era servita da sei a otto ore dopo e comunque non prima del tramonto”.
Con Isabella d’Este, poi, il banchetto dei principi diventò quasi una scena da teatro. Alla fine del 1500 abbiamo testimonianza di un servizio e di una presentazione dei cibi molto raffinata e complessa: i pasticci “” erano serviti ricomposti come animali, da sembrare ancora vivi: leoni dorati, fagiani, aquile,pavoni bianchi “” pieni di fettucce di seta e oro … che stavano in piedi come se fossero vivi “”. Le torte e le sculture di zucchero, i pasticci più elaborati, i servizi da tavola dipinti e preziosi avevano sostituito ormai dal secolo precedente le tavolate rumorose, gli arrosti allo spiedo e le vivande più grossolane e rustiche, per cedere il posto alle preparazioni culinarie più fantasiose.
Posso infine citare che, oltre a carni, pesce,vini, pasticci e dolci, i Gonzaga apprezzavano molto il formaggio. I documenti fanno capire infatti come i Gonzaga non solo consumassero e apprezzassero il formaggio, soprattutto certi tipi di formaggio particolarmente pregiato, ma anche lo usassero per farne omaggio e scambiarlo, eventualmente, con altri donativi mangerecci di altri paesi.
Fra l’altro, in certe sue lettere, la raffinata Isabella parla di un formaggio di produzione locale, di qualità, preparato in grandi forme e definito “formazo duro”: quindi si può pensare a un antenato dell’odierno “grana”, evidentemente già allora particolarmente gradito.
Concluderò oggi con una ricetta del famoso cuoco bolognese al servizio della corte dei Gonzaga, Bartolomeo Stefani, che pubblicò, nel 1662 un libro dal titolo significativo:”” L’Arte del ben cucinare et instruire i men periti di questa lodevole professione. Dove anco ci insegna a far Pasticci, Sapori, Salse, Gelatine, Torte, e Altro, dedicato al Marchese Ottavio Gonzaga””.
Ecco la sua ricetta del
Pasticcio di pesce (se volete provare!):
Pasticci piccioli, uno per convitato, pieni di polpa di cappone, pesce, code di gambari, brugnoli, e le solite speciarie, e se li farai sopra un brodetto di rossi d’ova, e butirro, sarà buono, e li riserverai caldi con zucchero sopra…