La mania dei piselli
Un saluto e bentrovati a tutti gli ascoltatori!
Tra gli ingredienti simbolo di questa stagione ci sono i piselli, uno dei legumi coltivati e consumati da più tempo. Pare che in Asia Minore si conoscessero ben seimila anni prima di Cristo, e che successivamente non mancassero mai sulle tavole di Greci, Etruschi e Romani.
Esistono varie leggende e tradizioni intorno ai piselli. Nel tempo della Repubblica di Venezia, erano cibo d’obbligo il 25 aprile, giorno del patrono San Marco, alla tavola del Doge che ospitava gli alti rappresentanti della città e delle ambasciate straniere per un fastoso banchetto a Palazzo Ducale. Secondo la tradizione, prima del pranzo il Doge si affacciava al balcone e salutava il popolo festante con in mano un piatto di “risi e bisi” (ovvero i piselli), quale segno di prosperità per la Serenissima. Tutti i veneziani cuocevano per l’occasione la pietanza simbolo della nuova stagione e, per garantirne sufficienti quantità, questi venivano fatti arrivare, oltre che da diverse aree limitrofe alla regione, anche dall’agguerrita rivale Genova.
Nella letteratura gastronomica i piselli compaiono per la prima volta in Francia, nel ricettario del primo cuoco francese di professione di cui si conservi memoria, noto col soprannome di Taillevent per il gran naso con il quale sembrava fendere il vento. Fu proprio tra i francesi che crebbe nel tempo una vera e propria mania per i piselli, facendoli divenire un vero e proprio oggetto del desiderio. In una lettera, datata 1696, Madame de Maintenon descrive la passione per i verdi legumi che furoreggiava alla corte di Re Sole. Ecco cosa ci racconta: “Il capitolo dei piselli dura ancora: l’impazienza di mangiarne, il piacere di averne mangiati e la gioia di poterne mangiare ancora; sono questi i tre punti che i nostri principi trattano da quattro giorni. Ci sono dame che dopo avere cenato col re, e bene, si fanno preparare a casa dei piselli per mangiarli prima di andare a dormire, a rischio di indigestione. È una moda, un furore”.
Quando qualcosa è “di moda”, si sa, il suo prezzo lievita, anche se di piselli si tratta. E a conferma di ciò così scriveva un altro autore francese sempre del periodo di Re Sole: “È stupefacente vedere personaggi così dediti al piacere, da acquistare i piselli verdi per somme enormi”. Di più: per rendere maggiormente esclusivo questo desiderio, alla corte di Francia i piselli venivano raccolti verdissimi, prima della maturazione, diffondendo la convinzione che “più sono giovani, più sono eccellenti».
Dall’altra parte i contadini non potevano certo permettersi di rinunciare al volume dei piselli ben maturi, cogliendoli e “sciupandoli” ancora in erba. Preferivano farli crescere bene, magari seccarli per poi ridurli in farina, da mescolare a quella dei cereali o di altri legumi.
Contadina è, nella sostanza, la ricetta che vi propongo per concludere: i “piselli fricti in carne salata”, tratta dal ricettario di Mastro Martino da Como, datato a metà del Quattrocento. Da una parte si mettono a bollire i piselli, dall’altra si friggono fette sottili (lunghe «mezo dito») di carne salata, quindi si uniscono i piselli a cuocere con la carne. È l’antenato dei nazionalpopolari piselli al prosciutto. Il segno di distinzione di Mastro Martino sta nell’aggiunta di zucchero e cannella, che completano il piatto assieme a mosto cotto e agresto, il succo di uva acerba.
Buon appetito e risentirci la settimana prossima!
@Convivium_RB