Settimanale di favole inedite a cura di M. Vittoria Grassi
le favole di MVG
UNA STORIA ANALFABETA
C’era una volta un re che non sapeva né leggere né scrivere ma che non aveva mai confessato a nessuno questo suo problema. Non che non fosse andato a scuola, a suo tempo, ma aveva avuto sempre dei maestri troppo indulgenti o troppo timorosi nei suoi confronti. Quando i suoi regaIi genitori si presentavano per informarsi deII’andamento dei suoi studi si sentivano sempre dire:””Il principe Boh (questo era il suo nome) è il migliore in assoluto, si impegna ed è molto intelligente!””. Così nessuno si pose mai il problema di metterlo alla prova e il principe passava il suo tempo tra i banchi contando i peli del collo del compagno davanti a lui o lucidando col detersivo le punte d’oro della sua corona.
Quando divenne re continuò a cavarsela grazie ai suoi segretari: “”Scrivi questo, leggimi quell’altro!”” ordinava, con la scusa di essere il re, e nessuno si accorgeva di nulla. Un giorno, però. si presentò a corte un araldo con un messaggio urgente del re del paese vicino, che si chiamava Quickly. Re Boh chiamò il suo fedele segretario Ampliphon e gli ordinò di leggere, cosa che egli fece immediatamente ad alta voce: “”Re Quickly desidera dare in moglie la propria figlia, la principessa Pozzodiscienza, al nobile e colto Re Boh. Nel caso Re Boh non fosse d’accordo, Re Quickly scatenerà una terribile guerra che devasterà il paese””.
Il povero Boh cominciò a sudare freddo: la principessa Pozzodiscienza aveva fama di essere bellissima, ricchissima, gentilissima e …. sapientissima: possedeva dodici lauree, aveva vinto otto premi Sibel per la Letteratura e pubblicava almeno tre libri all’anno. D’altra parte Re Quickly era un tipo assai impulsivo e bellicoso e non ci avrebbe pensato su due volte a scatenare una guerra. Così Boh, che era un convinto paciflsta, fece scrivere una risposta in cui si mostrava entusiasta di sposare la principessa Pozzodiscienza. Nel periodo che seguì Re Boh non dormì neanche di notte: si iscrisse a un corso di laurea per corrispondenza ma la sua domanda fu respinta perche aveva superato l’età massima di partecipazione, cercò di ascoltare qualche lezione alla scuola elementare (con il pretesto di verificare la competenza dei maestri) ma non riuscì a raccapezzarsi tra tutte quelle nozioni che ripeteva a memoria quando era solo, prima di andare a letto:”” Ia somma dei cateti delle terzine dantesche costruite sull’apostrofo dopo l’articoIo indeterminativo è sempre superiore aIle esse del pIurale delle rime baciate nelle incognite…””. La sua disperazione arrivò al culmine quando gli fu annunciato che la sposa sarebbe arrivata nel giro di due settimane e che gli avrebbe portato come dono di nozze gli ultimi ventisette libri che aveva scritto. La sorte pietosa risparmiò a Boh quindici giorni di incubo: si ammalò infatti di Orticaria Analphabetica e dovette restare a letto, facendosi grattare tutto il giorno dal suo maggiordomo Cartavetrata.
Quando trentasei squilli di tromba annunciarono l’arrivo di Pozzodiscienza Re Boh si accasciò rassegnato sul trono e attese l’inevitabile. Pozzodiscienza entrò solennemente, preceduta da ventisette valletti, ciascuno dei quali reggeva un libro di 857 pagine in brossura; vicino a lei avanzava la sua segretaria, Gerogliflca. Quando furono davanti al re la principessa disse: “”Geroglifica, leggi al re i titoli dei miei libri e fanne un breve riassunto!””. Geroglifica eseguì. Dopo che essa ebbe finito, il re, che nel frattempo si era riavuto, replicò: “” Ampliphon, scrivi per ogni libro un breve commento che interpreti il mio parere su ciascuno di essi e stendi all’istante la più bella poesia d’amore che io abbia mai pensato per la mia futura sposa!””. Anche Ampliphon eseguì. Quindi i due si sposarono e vissero per tutta la vita felici e contenti, senza mai scoprire il reciproco segreto, di essere entrambi analfabeti. In compenso Ampliphon sposò Geroglifica e anch’ essi vissero felici e contenti, senza però avere mai il tempo di parlarsi: l’uno era costantemente impegnato a scrivere e leggere i pensieri del re, l’altra doveva fare altrettanto con i libri della regina.
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