Franco Battiato “L’era del cinghiale bianco” (1979)

Franco Battiato “L’era del cinghiale bianco” (1979)

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In onda tutte le sere alle 20e15 - 22e15 - 00e15

Ascolta il Disco Base della settimana

1. FRANCO BATTIATO "L'era Del Cinghiale Bianco"
2. FRANCO BATTIATO "Magic Shop"
3. FRANCO BATTIATO "Strade dell'Est"
4. FRANCO BATTIATO "Il Re Del Mondo"
5. FRANCO BATTIATO "Stranizza D'amuri"

discobase-fb-logo7 anni a sperimentare, a trovare nuovi sbocchi sonori per una musica assolutamente fuori dagli schemi, il conseguente sgretolamento della forma canzone con rapide visioni colte, complesse e prevalentemente elettroniche, poi la svolta definitiva.
Il grande artista siciliano, vinse con “L’Egitto prima delle sabbie” il premio intitolato a karl Heinz Stockhausen, uno dei suoi principali ispiratori, e decise che il modo migliore per approdare alla completa maturità compositiva fu quello di inaugurare uno stile raffinato, essenziale e lirico che se da una parte continuava ad avere sfumati richiami alla sua stagione d’avanguardia, dall’altro coinvolgeva per la continua ricerca di un gusto Pop non affine e universale. Un processo che ha ne “L’Era del Cinghiale Bianco” la perfetta istantanea della carriera di Battiato, che aiutato dal violinista e collaboratore Giusto Pio, cesella 7 movimenti dall’intensità sorprendente per un mistico viaggio nella conoscenza assoluta del Cinghiale Bianco.
La title-track disegna scenari esotici che evocassero alberghi tunisini, sigarette turche, profumi nell’aria della sera e studenti di Damasco, con il vortice classicheggiante dei violini, ombre di tastiere, una chitarra incisiva e il canto quasi modesto di Franco. “Magic Shop” denuncia il consumismo più assurdo con toni cinici e perfidamente sereni mentre “la Falce non fa più pensare al grano, i Budda vanno sopra i comodini, carine le Piramidi d’Egitto, Supermercati coi reparti sacri che vendono gli incensi di Dior, rubriche aperte sui peli del Papa…”. “Strade dell’Est” è un poderoso Rock sostenuto dalla magnifica chitarra di Alberto Radius e dalle percussioni incontenibili di Tullio De Piscopo, mentre Battiato effonde ancora immagini d’Oriente.
Dopo l’interessante strumentale “Luna Indiana”, ci attende uno dei gioielli assoluti dell’artista: “Il Re del Mondo” incanta con il suo incedere magico, notturno ed evocativo come una fiaba, il giro di basso iniziale si stampa subito nella memoria e le lunghe attese strumentali mostrano una profonda estasi spirituale, prima che “più diventa tutto inutile, e più credi che sia vero, e il giorno della fine non ti servirà l’Inglese”. “Pasqua Etiope” è una dolcissima sinfonia per complesso da camera, con Battiato a declamare una preghiera in latino e greco nel suo consueto registro meditativo. E per finire, il commovente ricordo di gioventù che affiora in “Stranizza d’Amuri”, rigorosamente cantata in dialetto siciliano a fianco di uno xilofono che rompe la tensione iniziale, deliziosi cori e violini dalla trasognata compostezza.
Il capolavoro di un artista d’avanguardia che solo due anni dopo, avrebbe entusiasmato critica e pubblico con il mitico “La Voce del Padrone”.

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Oltre a vicepresiedere come si conviene a un vicepresidente, ci guarda dall'alto dei suoi 192 cm. La foto non tragga in inganno.