La Collezione Mesopotamica del Te acquistata dal Comune
Pareri Rudi-mentali (dell'31/1/09)
La notizia diffusa qualche giorno fa dell’acquisto da parte del Comune di Mantova della cosiddetta Collezione Mesopotamica raccolta da Ugo Sissa e oggi esposta nel sottotetto di Palazzo Te mi dà l’occasione di nominare l’Iraq, paese che nonostante le sue quotidiane infauste vicende non fa purtroppo oramai più notizia nei nostri quotidiani e notiziari.
La Collezione Mesopotamica, composta di 250 pezzi dell’epoca pre-islamica, era detenuta da Palazzo Te in comodato gratuito dal 1994. Il Comune ha deliberato il suo acquisto per 120mila euro; modica cifra, diranno alcuni, ma forse ben accolta dagli eredi di Ugo Sissa, che si rallegreranno di sapere i reperti conservati nella città dove quest’ultimo nacque nel 1913.
Sissa fu in Iraq tra il 1953 e il 1957 a svolgere la sua attività di architetto. Ebbe l’incarico di progettare a Baghdad nuovi insediamenti abitativi e strutture sociali, prima come capo Architetto del Governo, poi dell’Ufficio di Sviluppo e del Dipartimento per le Stazioni Estive e per il Turismo. Fu in quel lasso di tempo che raccolse i reperti oggi esposti, alcuni scovati direttamente sui siti archeologici, altri acquistati al locale mercato antiquario.
Si tratta soprattutto di utensili in pietra, di frammenti di ceramica decorata, di amuleti zoomorfi, di sigilli in pietra dura e di tavolette incise a caratteri cuneiformi, che sono tra le primissime testimonianze di scrittura. Una raccolta di reperti che forse non farà incrementare l’afflusso turistico di Palazzo Te, ma che sicuramente accresce il valore delle patrimonio culturale comunale.
In questa sede, inoltre, mi piace ricordare la figura dell’Ugo Sissa pittore, le cui opere sono custodite da numerosi musei in Italia, tra cui a Udine, Pordenone, Venezia, Ancona. Un Ugo Sissa pittore che dovette essere anzitutto molto colpito dalla produzione artistica che incontrò a Varsavia nel 1941, nel corso del suo soggiorno con borsa di studio dell’Università di Roma; in particolare colpito dagli aspetti cromatici e dalla essenzialità di forma ancora densa di astrattismo, che ben doveva accompagnarsi con la leggerezza simbolica e sintetica del suo mondo interiore.
Il punto di forza della pittura di Sissa è, a mio parere, la riuscita rilettura in linguaggio astratto delle atmosfere e degli oggetti che raccolse in Iraq e nel Vicino Oriente. Ecco quindi che linee e intagli di sigilli e amuleti mesopotamici, risalenti a qualche millennio prima di Cristo, si ribaltarono sulle sue tele, violenti nelle loro tinte, incisivi e originali come la stilizzazione glittica.
Per concludere, non posso non accennare all’Ugo Sissa fotografo e al suo “occhio quadrato”, come lui stesso amava definirlo facendo riferimento alle pellicole 6×6 con le quali si dilettava. ‘Armato’ di Rolleiflex anche lui volle conquistare l’Iraq. Dai suoi scatti (di cui potete avere un’antologica impressione sfogliando il link sotto l’immagine) emerge un paese dove il tempo sembra essersi fermato.
Tuttavia, anche se lì il tempo non si è fermato, oggi di Iraq non si parla più. Quasi che il progressivo ritiro di truppe italiano e l’avvicendamento obamiano alla Casa Bianca abbia cancellato dalla coscienza collettiva un’invasione in nome di presunte armi di distruzione di massa. E anche in caso di terribili attentati che coinvolgono quella popolazione civile, i nostri network sembrano prendere in considerazione la notizia solo se il numero dei morti supera la cinquantina; sempre che il gossip nazionale non abbia da esporre novità di rilevo.
Basta però che venga ‘proposto’ un paio di scarpe consunte di un giornalista di Baghdad e i suoi colleghi occidentali le ‘sbattono’ in prima pagina.
[r.favaro]