Le piccole storie di Maria Vittoria Grassi
C’era una volta, in un regno sperduto che non si trova sul mappamondo, un principe di nome Tappo.
Era l’ultimo erede di una famosa stirpe di re, quella dei Tappidi, gloriosa ma caratterizzata dalla minuscola statura. Il padre del nostro principe, il glorioso re Tappo Dodici, aveva sconfitto in guerra nemici terribili perché, grazie alla sua statura, passava sotto alle ascelle dei nemici e li infilzava da sotto senza essere visto.
Il nonno, Tappo 11, aveva vinto addirittura le crociate con una speciale tecnica di mimetizzazione sotto la coda del suo cavallo, mentre Tappo 1, il capostipite, si era guadagnato fior di medaglie partecipando alla guerra di Troia (aveva anche scritto le sue memorie in un poema famoso, la Tappeide, sotto lo pseudonimo di Omero (ma in questo caso le notizie sono un po’ vaghe).
Ma torniamo al nostro principe Tappo: era così piccolo che a volte i dignitari di corte si sedevano su di lui credendo che le sedie fossero vuote e il suo ciambellano, Stanga, lo portava in braccio durante i ricevimenti per impedirgli di essere calpestato.
Infine arrivò, come potete immaginare, il momento di pensare alle nozze, per dare continuità al regno.
Sua madre, la regina Biglia, era di statura normale ma così rotonda che finiva per arrivare all’altezza del marito, che la faceva rotolare allegramente su e giù per il palazzo (come immaginerete si trattava di un regno molto divertente, dove nessuno si stupiva mai di niente e tutto veniva risolto con qualche risata).
Alla fine Tappo cedette: si fece il bando e si organizzò una grande festa a cui furono invitate tutte le ragazze del regno in età da marito.
Tappo si vestì con cura e si appollaiò su una scaletta apposita che gli permetteva di accogliere gli ospiti senza pericolo di schiacciamento e, soprattutto, di scegliere adeguatamente la sua ragazza del cuore.
Le ragazze si presentavano ossequiose, cercando di fare bella impressione. Tappo, che non era uno sciocco, rispondeva per le rime. “Maestà mi conceda la sua mano!” diceva una. “È’ piccola, sa? Non vorrà che le porga una pargoletta mano– diceva iui- e magari vuole anche il verde melograno: non porta bene, si ricordi la poesia!.”
“I tappi sono la mia passione, maestà – diceva un’altra. “Forse perché beve troppo, signorina! – rispondeva Tappo.
” Sa, Maestà – flautava una terza – che io porto sempre scarpe basse?” “Non vorrà usarmi come tacco!” ribatteva lui. E così via…
La festa ormai era sul finire quando arrivò un’ultima ragazza: era alta così così grassa così così e bella così così.
Si avvicinò e sorrise senza dire niente. “Beh?! – fece stupito Tappo – non ha niente da dire?” “Solo una cosa signore, disse lei : “Non sarò mai alla vostra altezza!”.
Tappo cominciò a ridere e rise tanto che cadde dalla scala e finì in braccio alla ragazza che, ridendo a crepapelle, se lo portò in giro per la sala fino a un posto appartato … e nessuno li disturbò.
E ora un caro saluto e un augurio di serene vacanze da Vittoria!