Polyphia
“Renaissance”, 2016 (Equal Vision Records)
Rock progressivo
di Luca Petruzziello
Carissime/i, stavolta parliamo di una pietra miliare che verrà!
Ogni cantautore, band, compositore è alla costante ricerca del proprio “sound”; nonostante non appena si produca il primo lavoro si finisca con l’essere etichettati in un genere, il sound è l’impronta che ci porta a distinguere l’artista e che l’artista stesso desidera.
A mio modesto avviso è ciò che accade con l’ascolto della band texasa dei “Polyphia”; capitanata da sempre dal duo chitarristico Henson-LePage, da oltre dieci anni imperversa sui canali multimediali.
All’attivo tra ep, singoli ed album abbiamo superato la dozzina e come capita nel ventunesimo secolo, dove le visualizzazioni la fanno da padrone, oltre 185 milioni, solo sul Tubo, credo siano un ottimo biglietto da visita; chissà se qualche coraggioso li riporti anche dal vivo presto da noi, visto che oltre agli USA, l’estremo oriente del mondo già si è accorto di loro da tempo!
Tecnica e melodia si fondono con la potenza sonora della sezione ritmica, dove la batteria ed il basso forniscono supporto lineare e concreto (ascoltare Death Note o Finale ad esempio).
Inoltre, le collaborazioni con Mateus Asato (Bruno Mars) o il nipponico Ichika Nito(sempre in cammino tra tradizione ed innovazione), ad esempio, fanno capire come la mentalità sia quella giusta!
Ma torniamo alla pietra miliare che verrà; “Renaissance” esce nel 2016 e sin dalla intro iniziale di “Culture shock” ci prende al cuore, strizzando l’occhio alla classica per poi immergersi in tonalità moderne che non fanno altro che riagganciare la storia musicale con quella dell’uomo!
Come sempre il dialogo chitarristico è costante raggiungendo la vetta per poi ridiscendere, accompagnato dal basso, verso un più calmo finale.
Light parte bello possente, tutti vanno nella direzione indicata e la melodia emerge inaspettatamente delicata, come un fiore che sboccia tra il cemento dell’industria!
Sala da ballo, riff continuo, crescendo in hard rock puro e Florence emerge lasciandoci senza fiato!
Nightmare ci inganna più volte alternando una dolce nenia a pura adrenalina…sino alla fase finale dove il brano, riprendendo il tema, interrompe “l’incubo”!
L’heavy metal non può mancare; è con Storm che ritroviamo il passo del genere caro a molti.
Una bella ballata Bittersweet, dove però il tocco hard che contraddistingue la band torna ad emergere!
Non so se esista, ma Symmetry potrebbe essere tranquillamente il manifesto dell’heavy/hip-hop!
Ivory ci porta verso il lato pop della band, sempre senza dimenticare la base che la contraddistingue; scorre gradevole per tutta la durata e quasi non ci accorgiamo quando siamo arrivati al capolinea se non per la brusca frenata del finale.
Il prossimo brano Paradise si snoda accompagnato dalla base synth, che tra effetti e tappeti stile anni 80, guida il sound per l’intera durata dell’ascolto!
Veniamo al gran finale, con un trio di brani da ascoltare tutto di un fiato!
Amour: parte sorniona per trasformarsi presto in una danza tribale; datemi un totem, un fuoco che arde…e ci ritroveremo tutti a danzare; che sia per festeggiare o infondere coraggio non importa; sino a quando gli strumenti non inizieranno a dialogare tra loro, noi continueremo a ballare!
Crush non ha bisogno di valutazioni o commenti, basta ascoltarla guardando il video che la propone; spazi infiniti dove le note possono correre in libertà inseguendo i sogni dei loro creatori!
Finale affidato ad Euphoria, giusto marchio di fabbrica per il suono della band che rinverdisce non solo i fasti del Progressive ma di tutto il buon Rock strumentale!
Insomma dodici brani che ci fanno capire bene che tipo di ascoltatori siamo, ma soprattutto cosa viene a dirci la band; infine, in attesa di un futuro lavoro, mi permetto di suggerire anche l’ascolto di: Drown, Inspire, Loud, Icronic, The Worst, G.O.A.T. oltre ai già citati Death Note e Finale; e per dirla alla “Nick The Nightfly”: “Nice one Polyphia”!
Buona musica a tutti!