Paul Bley
“Open to love”, 1972 (Ecm)
Jazz
di Andrea Lucchini
Primo disco in solo e presumibilmente unico capolavoro di Bley, «Open, To Love» si colloca storicamente nel trittico delle opere rappresentative del sound pianistico ECM, accanto a «Piano Improvisations» di Chick Corea e al fortunatissimo «Facing You» di Keith Jarrett.
Sulla rivista americana All Music Thom Jurek assegna il massimo punteggio (cinque stelle) a Open, to Love, giudicandolo non solo il lavoro più maturo e visionario di Bley, tra purismo e brillantezza, ma soprattutto una delle registrazioni per piano solo più influenti nella storia del jazz, in particolare nel formare un Ecm Style, parlando di pianismo jazz come un nuovo tipo di poetica sonora.
Non è cosa semplice ipotizzare oggigiorno che effetto dovesse avere sulle orecchie del 1973 «Open, To Love» di Paul Bley, perché la sua influenza su molto jazz successivo, prevalentemente bianco ed europeo, si è rivelata così penetrante ed incisiva da rendere strano pensare che, prima che Bley la suonasse, una musica in questi termini non fosse mai esistita.
È questo disco ad aver tracciato le linee schematiche dell’etichetta tedesca ECM di Manfred Eicher, nel bene e nel male una delle più importanti degli ultimi cinquant’anni.