Garbo
“A Berlino… va bene”, 1981 (EMI)
New wave
di Paolo Pisi
Renato Abate, in arte Garbo, è un artista anomalo: pioniere della new wave italiana, genere che non sopporta Franco Battiato, ha avuto un periodo di buona popolarità nella prima metà degli anni ’80 ed è l’autore della indiscussa “pietra miliare” di questo genere.
La “nuova onda”, fenomeno fondamentalmente europeo che ha come massima rappresentanza il periodo berlinese di David Bowie, arriva nel nostro paese dopo un decennio di “progressive” arrivato ormai alla fine, ridotto a pure sperimentazioni musicali classicheggianti di mera tecnica di fatto inascoltabili per il grande pubblico (PFM, Orme e Banco se ne sono già accorti da un pezzo virando verso le hit da juke-box – “Chi ha paura della notte” e “Si può fare”, “Canzone d’amore” e “Regina al Troubadour”, “Moby Dick” e “Paolo Pa”) e dopo un decennio di cantautori dalle lunghe canzoni di dodici strofe. E’ il periodo dell’arrivo del punk da un lato e, appunto, della new wave dall’altro, pronta ad aprire la strada verso l’avvento dell’elettronica e poi della techno.
In Italia le due facce furono Faust’O e Garbo. In mezzo i Chrisma, che sceglieranno però l’Europa e non l’Italia.
“A Berlino… va bene” è l’opera prima di Garbo, all’epoca ventritreenne. I riferimenti – anche nello stile e nell’aspetto – sono, oltre al già citato David Bowie, Brian Ferry dei Roxy Music, David Sylvian e Gary Numan; anche gli Ultravox di Midge Ure e i primi Depeche Mode influenzano non poco le sonorità ascoltabili in questo vinile di 10 tracce il cui titolo sembra essere una citazione del periodo berlinese del Duca. Il disco è un album complesso e innovativo seppur ancora acerbo e a volte quasi ingenuo (Garbo si cimenta in canzoni in ben quattro lingue, con risultati onestamente discutibili); il disco successivo, “Scortati”, da questo punto di vista è un prodotto ben migliore e maturo, ma la “pietra miliare” della new wave italiana è forzatamente “A Berlino… va bene”.
La massima notorietà e visibilità gli verrà da due partecipazioni al Festival di Sanremo con “Radioclima” nel 1984 e “Cose veloci” nel 1985: si classificherà rispettivamente terzultimo e ultimo assoluto, ma vincerà il Premio della Critica nel 1984.
Sceglierà poi di continuare l’attività prima con etichette indipendenti poi direttamente con una sua etichetta, fuori dal giro commerciale e dai circuiti radiofonici, ma continuando una intensa attività concertistica seppure di nicchia.
Recentissimamente (aprile 2023) è uscito il suo nuovo lavoro, “Nel vuoto”, nel quale sono sempre presenti quell’atmosfera decadente e quelle sonorità elettroniche che rappresentano il suo percorso artistico e che coerentemente l’artista non ha mai abbandonato e rinnegato.
Personale aneddoto: nel 1984 le canzoni del Festival potevano essere votate da tutti con la schedina Totip: ogni colonna un voto. Per il mio investimento di due colonne votai Garbo, terzultimo, e Ruggeri, penultimo con “Nuovo Swing”. Alla schedina ricordo di avere fatto zero in una colonna e due nell’altra…
Per i curiosi, ultimi quell’anno arrivarono gli Stadio; vinsero Al Bano e Romina davanti a Toto Cutugno e Christian.