Storia di un principe grasso

Storia di un principe grasso

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Le piccole storie di Maria Vittoria Grassi

C’era una volta un principe grasso. Era sempre stato grasso, per la verità, solo che da bambino non lo chiamavano “grasso” ma paffuto, cicciottello, rotondetto … Tanti aggettivi graziosi per non offendere la sua sensibilissima madre, la regina Cunegonda e soprattutto il suo ferocissimo padre, il re Barbarossa IV. Al bambino era stato dato il nome di Ottone (in ricordo del nonno) ma tutti lo chiamavano da sempre Ghi – Ottone a causa della sua fame perenne. Ghiottone divorava tutto: cibo, cucchiai, tovaglioli… persino gli anelli di chi gli dava da mangiare e i fazzoletti della cuoca che portava le pietanze in tavola. Il poveretto era sempre affamato e diventava sempre più grasso. La regina Cunegonda minimizzava con voce tremula: “È la fase della crescita … ci vuole pazienza!”, ma Barbarossa scuoteva il suo barbone fiammeggiante e borbottava:” Fra poco ci vorrà un tendone da circo per fargli una camicia!”. Anche Ghiottone delresto non era preoccupato anche se aveva sempre una gran fame e arrivò a guardare con interesse anche la stola di pelliccia di sua madre che sembrava morbida e molto tenera. Alla fine, quando ormai fu chiaro a tutti che la situazione non sarebbe cambiata e che le dispense di corte erano sempre più vuote. Il re decise di mettere rimedio alla situazione. Furono convocati i maggiori esperti alimentari del paese: la dottoressa Sottiletti, il professor Smilzo e il dottor Magrini. Ghiottone fu rivoltato come un calzino (o meglio come un calzone): visitato, pesato, massaggiato, fatto rotolare, correre, stendersi e stiracchiarsi. Nessun problema apparente: “molto in carne, maestà, sano come un pesce palla!”! Detto questo i tre si congedarono, anzi scapparono a gambe levate inseguiti dai ruggiti di Barbarossa che minacciava di farli decapitare per la loro incompetenza. Ghiottone era certo un po’avvilito per la situazione ma aveva un ottimo carattere e cercava di non far pesare a nessuno il suo “difetto”. Passava le giornate piuttosto allegramente in compagnia dei suoi più cari amici: il giardiniere, Pratolino (detto Lino), l’aiuto cuoca, Teodolinda e il cerimoniere di corte, Garbino. Chi se ne faceva un problema era invece il re Barbarossa, convinto che un erede dall’aspetto poco elegante avrebbe disonorato la sua illustre stirpe. Così decise di nominare suo successore al trono il cugino di Ghiottone, il marchesino Mellifluo, che era alto, sottile e molto raffinato. Ghiottone non se la prese, anzi si offrì di partecipare attivamente alla cerimonia con cui Mellifluo sarebbe ufficialmente stato nominato principe ereditario al suo posto. Quel giorno Mellifluo arrivò in carrozza, tutto altezzoso e gonfio: entrò nel salone con aria sdegnosa, pretendendo che tutti i presenti si inchinassero a baciare le sue deliziose scarpette a punta. Fece sloggiare sbrigativamente la regina Cunegonda e si rivolse pomposamente al re ”Caro zio Barba, era ora che ti accorgessi di quanto sono bello e distinto e ben più degno del trono di questo ciccione che hai meso al mondo… Sono pronto a sostituirti…Sarò il re più snello ed elegante re di tutto il paese!”. Re Barbarossa lo guardò: era meglio un erede bello vanitoso e prepotente o un erede un po’ troppo abbondante ma modesto e gentile?  Poi senza una parola prese Mellifluo per la collottola, lo sollevò dal trono e mentre il poveretto dimenava inutilmente le sue scarpette a punta lo buttò direttamente dalla finestra tra gli applausi generali. Ghiottone così divenne re e  fu per molto tempo un re grasso, poco elegante e sempre affamato ma saggio e amatissimo daii suoi sudditi.

Un caro saluto e alla prossima! da Vittoria

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