Ospite Alessandro Brancaleoni, amico e tour manager di Ivan
Ascolta il Disco Base della settimana
1. IVAN GRAZIANI "I lupi"
2. IVAN GRAZIANI "Motocross"
3. IVAN GRAZIANI "Zorro"
4. IVAN GRAZIANI "Lugano addio"
5. IVAN GRAZIANI "Il topo nel formaggio"
“Ma io non smetterò. Mai. Un vero chitarrista muore. Deve morire sul palco”.
Ivan Graziani è stato uno dei più grandi (ed ingiustamente sottovalutati) chitarristi italiani. Si fa conoscere sul finire degli anni 60 con la band Anonima Sound ed intrapresa la carriera solista, è un richiestissimo session-man; Lucio Battisti, Formula 3, Premiata Forneria Marconi, Antonello Venditti, Francesco De Gregori, Renato Zero e Bruno Lauzi si avvalgono della sua preziosa collaborazione, ma il ruolo di “comparsa” sta stretto all’artista abruzzese, che con scarsa fortuna partecipa, nei primi anni 70, a vari lavori di musica sperimentale.
Il suo vero esordio arriva nel 1976, grazie alla casa discografica Numero Uno (di proprietà di Battisti e Mogol), con l’album “Ballata Per Quattro Stagioni”, seguito l’anno successivo, da quello che rimane, a mio avviso il punto più alto nella sua discografia, “I Lupi”.
In questo lavoro la capacità di scrittura di Ivan ha già raggiunto una maturità ed una consapevolezza pari solo alla sua bravura con lo strumento, ed il brano “Lugano Addio” ne è il fulgido esempio e permette anche al grande pubblico di conoscere, finalmente, Ivan Graziani; tanto che il singolo arriva nelle prime posizioni delle classifiche di vendita ed anche il disco ottiene un discreto successo, vendendo la notevole quantità di 10.000 copie. “Lugano Addio” è uno dei pezzi più famosi (forse il più famoso) di Ivan Graziani, realizzato, come spesso accadrà in futuro, attorno ad una figura quasi eterea di donna, per cui Marta assurge al rango di musa… una piccola Beatrice o Laura descritta con una poetica malinconia di rara bellezza; ma il disco è scosso fin dal suo inizio, dal rock deviato della title-track, una storia di diserzione ed auto-analisi di un soldato durante la guerra civile spagnola, adagiata sull’incedere progressive del brano, magistralmente condotto dalla chitarra di Ivan e dalla batteria di Walter Calloni.
“Motocross”, il secondo brano del disco, è il pezzo che più di ogni altro, mette in risalto la vena sarcastica di Graziani, alle prese con una storia borderline di periferia, costruita sul basso pulsante di Hugh Bullen e le tastiere robuste dell’amico Venditti, che esaltano ancora una volta le chitarre taglienti dell’artista di Teramo e sostengono vigorosamente la sua particolare voce sibillina. Un brano che per le immagini che evoca, è stato più volte accostato ad i fumetti di Andrea Pazienza (ironia della sorte, la copertina è stata realizzata da Tanino Liberatore, co-autore con Tamburini di ‘Ranxerox’).
Tutto il resto del disco è corrosivo, pervaso da un fortissimo senso di ermetismo e di auto-analisi; una sorta di viaggio immaginifico dentro i ricordi sepolti nella propria testa ed una schiera di personaggi sempre al limite dell’improbabile… lo Zorro degli stracci di “Zorro”, il guardiano ed il cliente del bordello ne “Il Topo Nel Formaggio” o la protagonista di “Eva”, con le sue abitudini e le sue bizzarre manie, un altro ritratto di donna, dipinto questa volta con i colori pastello tipici di De Gregori.
Le musiche variopinte, ora melodiche e sognanti, ora energiche e furiose, sottolineano perfettamente le liriche sghembe, acide e caustiche… come nell’onirica finale di “il Soldo”, di lontana memoria middle-sixies, che accarezza con estrema dolcezza anche il pensiero ultimo ed estremo… “Domani c’è scuola. E con il soldo che cade giù… io domani mi ammazzo”. Niente sembra serio e niente è faceto nell’ironia di Graziani e questo disco continua ad essere quello che più mi stupisce ad ogni ascolto, che come disse perfino lui anni dopo: “è il mio lavoro più sincero e spontaneo finora realizzato”.
Evviva il cross, evviva il motocross.